mercoledì 11 dicembre 2019

L'arte del nulla.




Una banana fissata al muro con poche decine di centimetri di nastro. Questa è l’ultima opera che ha stupito il mondo. Venduta per 120 mila euro. La vendita naturalmente è parte integrante dell’opera. Come parte dell’opera è il gesto di averla staccata e mangiata.

(D'altronde … al netto della malizia … che altro vuoi farne di una banana?)

Pochi giorni dopo compare un murales che trasforma in slitta trainata da surreali renne natalizie il letto arrangiato di un clochard che dorme all’agghiaccio.

È arte. È l’arte dell’istallazione. Della provocazione. Del “gusto” del ready-made.  Oggi si fa così (si dice). E vengono osannati come veri e propri geni coloro che hanno pensato e prodotto opere di questo tipo finite su tutti i network di informazione.

Ma come nasce l’arte contemporanea e come si colloca nella storia della cultura occidentale? Qualcuno la fa iniziare con Duchamp e il suo ardito gesto di proporre un orinatoio rovesciato. 

Ma la vera origine del fenomeno è da cercarsi molto prima, nella seconda metà dell‘800. I pionieri involontari sono pittori come Paul Gauguin e Vincent Van Gogh.  Cosa centrano questi con l’arte contemporanea? vi starete chiedendo, visto che non l’hanno mai conosciuta, né fatta e né tantomeno hanno contribuito alla sua nascita o al suo sviluppo.

E invece il loro contributo è stato grande, ma non è venuto dalla loro opera, ma essenzialmente dalle loro vite. Entrambi sopravvissuti ad un’esistenza di povertà e tormenti, subito dopo la loro morte, sono esplosi come esempi di altissima espressione artistica. Le loro personalità sono passate alla storia come troppo evolute perché i loro contemporanei potessero apprezzarne la grandezza. Ed è sottile il fatto che il racconto straziante delle loro vite maledette genera da sempre nel pubblico, oltre alla creazione del mito, il senso di colpa per aver ignorato un fenomeno straordinario al momento del suo nascere.

Da quell’esperienza in poi nel mondo dell’arte si è giustificata la compulsione ad interessarsi di più a tutto ciò che è nuovo piuttosto che a tutto ciò che è bello e artisticamente valido. Quasi a dover espiare il torto dell’aver fatto morire di stenti dei grandi geni artistici. Su quella compulsione sono nati il concetto di avanguardia e la bulimica corsa a fondare continue correnti artistiche che ha caratterizzato tutta la modernità.

Dal radicarsi di quella compulsione si sono originate, oltre a fenomeni di grande pregio, continue esigenze di rimettere sempre tutto in discussione, persino l’essenza stessa e più profonda dell’arte, ignorando con leggerezza i millenni in cui questa si è definita, in nome di un progresso dal quale rimanere indietro è sempre apparso come il più grosso delitto che si potesse compiere verso la personale crescita culturale.

Nel frattempo, così come il mago ti chiede di guardare con attenzione la mano mentre con l’altra nasconde la carta, la speculazione sul fenomeno ha preso inesorabilmente il sopravvento.

E così si è arrivati al punto che diventa arte tutto ciò che si vuole lo diventi, manipolando a modo una delle attività umane dove un tempo si creavano straordinarie occasioni di elevazione per l’uomo, dove si generava bellezza sempiterna e si creavano occasioni di risveglio delle migliori energie umane.

Cattelan e gli altri speculatori contemporanei non sono geni. Un genio è colui che ha idee che oltrepassano le normali capacità umane. Appendere una banana al muro invece significa semplicemente non avere idee. 
Cattelan è un uomo fortunato, perché qualcuno ha deciso che i riflettori debbano essere puntati su uno qualunque di quelli che idee non ne hanno. Ed hanno scelto lui. 

E davvero non c’è altro da dire su questo.

Chi ci rimette sono quelli che talento ne avrebbero veramente, totalmente ignorasti e tenuti volutamente lontani dal pubblico. Il pubblico stesso, che deve essere nutrito di contenuti sterili, insignificanti e depauperanti.

Nel frattempo, la civiltà che originò Leonardo, Michelangelo e Raffaello, ha perso la capacità di distinguere bellezza, talento, qualità estetica dalla banalità di un oggetto comune. 
Questi sì, sono i veri segni di una civiltà al tramonto.

                                Alberto Melari