“L’arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte” è un
concetto espresso dal critico Dino Formaggio.
Senza dubbio questa frase rappresenta l’idea fondante di quel
fenomeno che passa sotto il nome di “arte contemporanea”.
“Arte contemporanea” è un nome ingannevole e inutile allo
stesso tempo, esattamente come il fenomeno che intende indicare.
È inutile perché tutta l’arte è contemporanea al tempo in cui
è stata prodotta.
L’arte del 1400 ad esempio è contemporanea di chi nel 1400 è vissuto.
È ingannevole perché indica non l’arte che si produce in
questo periodo, ma solo una sua specifica espressione.
Ma chiamandola “contemporanea” quell’espressione pretende di
essere l’unica forma di arte presente in questo periodo.
Cioè ci dà l’idea che gli artisti oggi facciano solamente
quella roba lì, e che nessuno si interessi più o senta l’esigenza di dipingere,
lavorare sulla forma, creare qualcosa di esteticamente apprezzabile, come vuole
la tradizione.
Il che sappiamo benissimo che non è affatto vero.
Ma torniamo alla frase
“L’arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte”.
È un concetto questo che molte persone hanno fatto proprio
nella necessità di adeguarsi al proprio tempo e di non trovarsi nel disagio di
sentirsi antiquati, poco aperti, mal giudicati ed emarginati da chi vive intorno.
Ma fare proprio questo concetto comporta anche di
appropriarsi, senza accorgersi di farlo, di tutti i presupposti che questo
implica.
E questi sono abbastanza “bastardi”.
Dire che “L’arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte”
vuol dire, per esempio, accettare il presupposto che l’arte sia totalmente
inutile.
Non vi resta immediato il collegamento? Eppure è semplice.
Se crediamo che l’arte abbia un’utilità, una finalità, allora
non potremmo mai dire che “è arte tutto ciò che gli uomini chiamano arte”, ma dovremmo
invece dire che “è arte tutto ciò che raggiunge quella finalità”.
Ma non solo. Diremmo inoltre che più la raggiunge, più quell’arte
ha una sua validità.
E questo ci porta necessariamente ad ammettere che in arte esista
una scala di valori che rende le opere più o meno valide.
Invece, se è arte “tutto ciò che gli uomini chiamano arte”,
allora l’arte è un concetto arbitrario e questo esclude qualsiasi finalità. Qualsiasi
utilità.
E non esiste nessun criterio di valore perché questo
principio mette pietosamente tutto su uno stesso piano poiché basta che io
chiamo arte qualcosa e questo lo diventa.
Che è esattamente ciò che avviene con l’arte contemporanea.
Un individuo che fa proprio questo principio fa propria anche
l’idea che l’arte sia inutile e si avvicina all’arte senza aspettative.
Senza concentrarsi in alcun modo sul valore evolutivo che l’arte ha. E non lo
vede.
Frequenterà l’arte in maniera totalmente distratta,
assolutamente non focalizzata su quello che questa può produrre in lui in
termini di crescita personale.
Una mente così sterilizzata perde la facoltà di distinguere
ciò che è artisticamente valido da ciò che non lo è.
Quindi, agli individui che hanno abboccato a concetti di
questo tipo viene sottratto un grande strumento di crescita evolutiva,
per entrare in un processo di progressivo istupidimento.
Quello strumento invece, in passato, aveva un riconoscimento
enorme.
Infatti quelle generazioni hanno investito grandi risorse per
produrre opere talvolta di una sontuosità e magnificenza irripetibili quando
non era puoi nemmeno così facile concepirle.
Ed averle o non averle quelle opere, nella cultura del proprio popolo, nella storia della propria civiltà, nella propria formazione personale, la differenza la fa. Eccome!
Concetti come quelli che “L’arte è tutto ciò che gli uomini
chiamano arte” invece demoliscono ogni cosa, appiattiscono tutto, istupidiscono
i singoli individui che li accettano e di conseguenza le masse intere.
Quindi un grande grazie a Dino Formaggio che c’ha lasciato
questo magnifico principio e buon istupidimento a tutti quelli disposti a farlo
proprio.
Alberto Melari