Capita
spesso, nei commenti ai video, che molti confondono il concetto di “scuola” con
quello di “cultura”.
Usano i due
termini come se fossero dei sinonimi. Come se il semplice essere andati a
scuola, o peggio, l’aver conseguito dei titoli scolastici, comporti l’avere una
cultura.
Se volessimo
trovare in che relazione si trovino scuola e cultura potremmo dire che la “scuola”
è un contenitore e la “cultura” il suo contenuto.
metaforicamente, se la scuola è un cesto per la frutta, la cultura è la frutta
che questo contiene.
E fino a
qui, utilizzare i due concetti come sinonimi non sembra un errore così grande,
perché, in fondo, se io indico il cesto, indico anche la frutta che contiene.
La
distorsione si percepisce invece quando io decido di buttare l’occhio fuori dal
cesto, e guardandomi intorno, mi accorgo che ci sono ettari ed ettari di
frutteti, pieni di frutti.
Tutti frutti che non sono in quel cesto e che il cesto non riuscirebbe mai a
contenere.
Ecco perché
riferirsi alla “scuola” come se fosse “la cultura” significa non avere una
giusta percezione della realtà. Perché significa credere che l’unica cultura
sia quella che si apprende a scuola.
Chi, anche
solo qualche volta, ha buttato l’occhio al di fuori dal cesto, ovvero, chi si
sia mai interessato, di un argomento qualsiasi, cercando oltre le nozioni che
il percorso scolastico offre, non fa nessuna fatica a comprendere questo
concetto, semplicemente per averlo sperimentato.
Risolta
questa distorsione di pensiero, nel comune modo di pensare se ne presenta subito
un’altra.
Una volta capito
che la cultura è qualcosa di enormemente più vasto di quello che si apprende a
scuola, si può però continuare a credere che la cultura scolastica abbia comunque
un valore speciale in quanto “cultura di base”.
Cioè che la
scuola sia comunque il punto di partenza. Che sia essenziale a fornire le basi
della cultura.
E pure
questa è una distorsione di pensiero perché non è assolutamente così.
O meglio,
questo è vero solo in parte.
Quando, ad
esempio, a scuola si impara a leggere, scrivere e fare operazioni matematiche,
la scuola sta effettivamente dando delle basi.
Ma ogni
qualvolta la scuola propone argomenti di studio specifici, quelli non sono necessariamente
“la base della cultura”. Sono semplicemente quelle che, nella personalissima
opinione di chi ha redatto i programmi scolatici, siano da ritenere le
fondamenta su cui si basa un sapere.
Ma nessuno
ci dice che quelle basi siano le migliori,
o che addirittura non siano sbagliate.
Pensiamo ad
esempio alle basi che vengono normalmente date del sapere scientifico.
Tra le tante teorie che vengono offerte ai ragazzi nelle scuole ci sono quelle
dell’evoluzione della specie che tutti conosciamo con il nome di “teorie di
Darwin”.
Queste
vengono spiegate ai ragazzi dicendo loro che, qualsiasi studio specifico
sull’evoluzione, deve partire da quei concetti lì.
Se vado ad informarmi meglio su questo argomento, ovvero se butto lo sguardo
fuori dal “cesto della scuola”, scopro però che ci sono innumerevoli teorici
che hanno apportato svariate prove con fondamenta scientifiche piuttosto salde,
che mettono fortemente in discussione quelle teorie.
Questo ci suggerisce che quelle teorie probabilmente sono da rivedere.
In altre
parole, la scuola offre come base culturale assoluta di un argomento, teorie che
potrebbero essere addirittura sbagliate.
Ma l’esempio
migliore viene offerto proprio dallo studio dell’arte,
Per il quale l’allievo verrà fatto meritevole di promozione solo quando
ripeterà con devozione che forme artistiche come l’arte concettuale, i tagli di
Fontana, le tele imbrattate di Rothko, sono esempi di arte di alto livello.
E così si
perpetuano, da docente ad allievo che poi diventerà a sua volta docente, generazione
dopo generazione, idiozie che alimentano un’idea folle di arte che contrasta miseramente
e palesemente con decine di secoli di produzione artistica suprema, in nome di
un progresso culturale che fa precipitare le teorie sull’arte verso un
istupidimento generalizzato.
In altre
parole, la scuola, attraverso lo strumento dell’esame e della prova da
superare, seleziona menti remissive e sonnolenti a discapito di quelle sveglie
e capaci di senso critico.
Cosa è la cultura?
Per quanto
riguarda la scuola, dire che è semplicemente un’istituzione, è sufficiente a definirla.
E invece?
Che cos’è la cultura?
Se fermiamo delle
persone per la strada e chiediamo che cosa sia per loro la cultura, la maggior
parte delle volte ci diranno che la cultura è un vago “sapere tante cose”.
Che una persona di cultura è una persona che ha studiato tanto.
Nei casi peggiori ci risponderanno che è una persona che ha titoli di studio importanti
(!)
Ad ogni
modo, in generale, si vedrà che la cultura viene percepita come “il sapere”.
Questa idea
è talmente distorta che potremmo dire che la cultura, non solo non è il sapere.
Ma è addirittura il suo contrario.
La cultura è
il “non sapere”.
Questo
concetto, che può lasciare sorprese molte persone, non è il mio, e neppure di
un qualche stravagante teorico moderno più accreditato di me.
È stato
espresso da Socrate di Atene circa 2.500 anni fa.
“Io so
perché so di non sapere” ci dice che la cultura non è in “ciò che si sa”. Ma
piuttosto “in ciò che non si sa”.
Ovvero, la cultura non è “sapere le cose”, ma piuttosto “farsi domande”.
Possiamo
dire che la cultura non è un banale accumularsi di sapere.
Ma piuttosto, e anche più semplicemente, uno specifico modo di porsi di fronte
al sapere.
Facciamo un
esempio.
Supponiamo
di avere di fronte due persone,
una naturalmente ben predisposta al sapere. L’altra no.
Supponiamo che entrambe ignorino cosa ci sia nel cielo sopra di loro. Decidiamo
di informarle su questo.
Diremo loro
che la Terra, dove siamo noi, è un pianeta che gira intorno al Sole, che è una
stella.
Gira intorno al Sole insieme ad una manciata di altri pianeti, più o meno
dotati di lune.
E che tutto questo viene indicato come Sistema Solare.
·
La
persona non ben predisposta al sapere, cioè l’ignorante, oppone delle
resistenze alle informazioni che sta ricevendo.
Si sarebbe volentieri accontentata dell’idea che aveva già a riguardo ed è
disposta ad accogliere informazioni nuove solo se non toccano più di tanto
quelle che aveva già.
·
L’altra,
quella ben disposta nei confronti del sapere, cioè la persona di cultura,
non solo accoglierà con stupore ed entusiasmo le informazioni che ha appena
ricevuto, ma domanderà: “E cosa c’è oltre quel Sistema Solare?”.
In altre
parole, la persona colta è quella che va sempre alla ricerca di “ciò che non
sa”.
È quella che si fa sempre domande su ciò che non sa, ed anche su ciò che sa
già.
Queste domande sono l’apertura verso un mondo sempre in espansione.
Cultura è
avere la mente sempre aperta.
Da dove origina la cultura?
Intuire che
la cultura è solo un atteggiamento mentale, ha delle conseguenze paradossali.
Si scopre ad
esempio che si può passare dall’essere “ignoranti” all’essere “persone di
cultura” semplicemente attraverso un cambio di approccio al sapere. Che è una
cosa che in teoria può avvenire in un attimo. Nell’attimo stesso in cui la si
intuisce.
Nella pratica però questa intuizione è sempre difficile perché deve affrontare
delle resistenze molto grandi.
Per questo
gli ignoranti, cioè quelli con un approccio di chiusura nei confronti del
sapere, sono sempre molti di più.
Un altro
paradosso è nel fatto che si è colti o ignoranti non in base a ciò che si è
appreso, ma solo sul modo in cui lo si è appreso. In altre parole, possedere un
numero molto elevato di nozioni su un argomento, ma non essere mai disposti a
metterle in discussione, ci rende più ignoranti di chi ne sa di meno ma si
approccia con maggiore apertura.
Dunque, la
vera origine della cultura dobbiamo andare a cercarla all’interno della
persona, in una caratteristica ben specifica che è la scaturigine ultima di
tutto il valore che una persona può assumere in una vita.
È questo
requisito che genera le innegabili differenze di merito che ci sono fra gli
individui. E non dipende né da uno stato sociale, né dalle possibilità che l’esistenza
può offrire.
E questo rende la vita estremamente giusta.
Questo
requisito prende nomi diversi a seconda se lo guardiamo da un punto di vista
materiale o spirituale.
Da un punto
di vista materiale questo requisito è “il coraggio”.
L’ignorante
è colui che si oppone al sapere perché accedere al sapere comporta ogni volta
di operare un cambiamento.
Un modo diverso di vedere il mondo.
E questo comporta necessariamente la morte di un modo precedente di vedere il
mondo.
E per affrontare la morte, fosse anche di una piccola parte di noi, bisogna
avere coraggio.
Da un punto
di vista spirituale questo requisito invece è “la fede”.
È la fede
che dopo ogni morte, cioè dopo l’abbandono di ogni teoria su cui avevamo basato
le nostre certezze, ci sia ogni volta un’altra vita.
Ci sia un mondo molto più vasto in cui vivere. Un mondo che si estende all’infinito