martedì 19 settembre 2023

NIGREDO (Film)

La dissoluzione di ogni fede




Un film di Alberto Melari. La demolizione controllata di scuola, religione e famiglia.


martedì 31 maggio 2022

I critici. Gli assassini dell'arte (Video)

 




Più volte mi è stato detto: “Visto che ce l’hai così tanto con i critici, perché non indichi tu quali sono le forme d’arte da considerare valide?”

Non riesco a smettere di stupirmi di come, decenni di informazione perversa, abbiano educato la massa ad un pensiero così aberrante.

La cosa più drammatica è che, chi pone una domanda del genere, è totalmente convinto di esprimere un pensiero legittimo e razionale.

Evidentemente non percepisce l’abisso del controsenso di ciò che sta dicendo.

In altre parole, a me, che ho argomentato tantissime volte sul fatto che i critici siano di fatto gli assassini dell’arte, viene chiesto: “Perché non ti metti anche tu a fare il critico?”

Passato lo stupore per la tanta ingenuità, prendo atto che nella massa si è cronicizzato un meccanismo di dipendenza senza più soluzione.

Ovvero l’uomo medio non riesce più a riconoscere un contenuto come artisticamente valido se non c’è qualcuno di autorevole che glielo indica come tale.

È drammatico. È un atteggiamento da schiavo. 

Lo schiavo che chiede al padrone cosa deve farsi piacere.

In cambio verrà premiato con un: “Bravo! Tu dimostri di essere meritevole di far parte del branco”

È uno dei tanti sintomi di un sonno della coscienza che somiglia più ad un coma che ad un semplice addormentamento.

Anche se sono convinto che queste persone siano irrimediabilmente perse, una qualche indicazione va comunque offerta, seppure sia talmente scontata che è quasi umiliante doverla dare.

Cominciamo col dire che, in ogni individuo, esiste una parte che, nel suo muoversi nel mondo, ha la capacità di cogliere e farsi attrarre da tutto ciò che è espressione di bellezza.

Quella parte si attiva, ad esempio, di fronte ad un prato fiorito, quando compare un bel paesaggio. Quando si incontra una persona (un donna o un uomo) particolarmente bella.

I segnali del suo attivarsi sono facilissimi da riconoscere.

Consistono nel fatto che, quando ciò accade, l’attenzione si sposta in tempi brevissimi sull’oggetto che viene percepito come bello e si prova un sottile piacere a mantenerla su di esso.

Questo meccanismo è facilmente constatabile con gli oggetti che ho preso come esempio (dei fiori, un paesaggio, una persona)

Con un’opera d’arte lo è molto di più.

Infatti, se gli oggetti detti possono funzionare in questo senso per una loro dote casuale, le opere d’arte invece sono state volutamente create dagli artisti allo scopo di muovere quella parte dell’uomo che riconosce e si mette in contatto con la bellezza.

E il fruitore, da parte sua, volutamente va incontro all’opera per soddisfare le esigenze di quella stessa parte. 

Una volta capito questo … il critico … a cosa serve?

Ma di fronte a questa osservazione, l’indottrinato ormai senza speranza, immancabilmente si agita e corre a ricordarti che ….

“… No! L’arte come espressione di bellezza è un concetto vecchio. Aggiornati!
L’opera d’arte da molto tempo ormai si è liberata dal compito di esprimere bellezza!

E dunque esprime qualcos’altro che va necessariamente studiato, spiegato, capito!”

Lasciamo l’indottrinato stramazzare nell’abisso del ridicolo in cui sta precipitando.

E aggiungiamo un’altra considerazione, questa volta un po’ meno scontata, che ci dimostra che, il fatto che in arte non si debba più esprimere bellezza, è quanto di più distorto e falso si possa affermare.

Tutto parte da una mancata percezione delle dimensioni dell’oggetto di cui stiamo trattando, appunto: l’arte.

Per riacquistare una giusta percezione usciamo per un attimo dal discorso che la riguarda.

Ora vi chiedo di indovinare quanto può essere alto questo albero.

Quale di queste tre misure è più probabile? 80 cm, 8 metri, 80 metri?

Beh! La risposta ovviamente è facilissima.

Adesso, invece vi chiederò: quanto dista la terra dalla luna? 40.000 km o 400.000 km o 4 milioni di km?

Come si può vedere la risposta questa volta non è altrettanto immediata.

Eppure anche la terra e la luna sono oggetti che si trovano quotidianamente sotto i nostri occhi, esattamente come gli alberi.

Ma c’è un motivo ben preciso del perché sia così diverso intuire la misura nei due casi.

L’altezza dell’albero è dello stesso ordine di grandezza della stragrande maggioranza degli oggetti di cui siamo circondati ogni momento, che normalmente vanno da pochi centimetri a qualche decina di metri.

Mente la distanza fra terra e luna è un qualcosa di così lontano dalla nostra realtà quotidiana che la mente non riesce a contenerla e dunque sfugge completamente alla nostra percezione.

Questo che abbiamo appena sperimentato per le dimensioni in termini di spazio, avviene anche per quelle in termini di tempo.

L’arte, seppure abbia avuto una sua evoluzione storica, è stata sempre espressione di bellezza fin dalle sue primissime manifestazioni.

E per secoli e secoli di storia ha portato con sé questo indiscutibile principio.

Ora, nella modernità si sarebbe operata, in una manciata di decenni, una sterzata folle di questo principio, dichiarando che l’arte non debba rappresentare necessariamente il bello.

Quella manciata di decenni, come accade con l’altezza dell’albero, è un tempo che la mente umana percepisce bene, visto che anche le esperienze della vita, e la vita stessa, possono avere una durata, appunto, di pochi decenni.

Ma la mente, allo stesso modo di come non coglie la distanza fra la terra e la luna, si perde nel concepire quel lunghissimo tempo fatto di secoli e secoli di storia in cui l’essenza dell’arte si è definita.

E si è definita attraverso una lunghissima ricerca che ha coinvolto decine di generazioni.
Donne e uomini, talvolta portatori di talenti unici, che hanno esplorato le esigenze artistiche dell’uomo in maniera profondissima.

Dunque, il dire “l’arte ormai non è più espressione di bellezza” è il frutto della pochezza con cui questi finti intellettuali sciagurati (detti critici) hanno misurato la storia con il metro della propria misera esistenza.

Questo tempo, confrontato con la lunga e densa storia della produzione artistica, è una minuzia insignificante.

I critici pretendono pateticamente di farlo essere il tempo di un cambiamento epocale.

Questi finti intellettuali (detti critici), passeranno alla storia per essere espressione di un periodo in cui la stupidità è stata l’elemento dominante del pensiero umano.

E di quella stupidità rappresenteranno gli esempi di massima manifestazione.

Questo periodo per fortuna si sta chiudendo, e purtroppo, nel suo finire, lascerà una scia di sporcizie che le generazioni future dovranno pazientemente ripulire.

( … e comunque … la distanza della terra dalla luna è di circa 400.000 km)

 

 


sabato 25 settembre 2021

L'ARTE E' TUTTO CIO' CHE GLI UOMINI CHIAMANO ARTE" (Video)

 




“L’arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte” è un concetto espresso dal critico Dino Formaggio.

Senza dubbio questa frase rappresenta l’idea fondante di quel fenomeno che passa sotto il nome di “arte contemporanea”.

“Arte contemporanea” è un nome ingannevole e inutile allo stesso tempo, esattamente come il fenomeno che intende indicare.

È inutile perché tutta l’arte è contemporanea al tempo in cui è stata prodotta.
L’arte del 1400 ad esempio è contemporanea di chi nel 1400 è vissuto.

È ingannevole perché indica non l’arte che si produce in questo periodo, ma solo una sua specifica espressione.

Ma chiamandola “contemporanea” quell’espressione pretende di essere l’unica forma di arte presente in questo periodo.

Cioè ci dà l’idea che gli artisti oggi facciano solamente quella roba lì, e che nessuno si interessi più o senta l’esigenza di dipingere, lavorare sulla forma, creare qualcosa di esteticamente apprezzabile, come vuole la tradizione.

Il che sappiamo benissimo che non è affatto vero.

Ma torniamo alla frase
“L’arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte”.

È un concetto questo che molte persone hanno fatto proprio nella necessità di adeguarsi al proprio tempo e di non trovarsi nel disagio di sentirsi antiquati, poco aperti, mal giudicati ed emarginati da chi vive intorno.

Ma fare proprio questo concetto comporta anche di appropriarsi, senza accorgersi di farlo, di tutti i presupposti che questo implica.

E questi sono abbastanza “bastardi”.

Dire che “L’arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte” vuol dire, per esempio, accettare il presupposto che l’arte sia totalmente inutile.

Non vi resta immediato il collegamento? Eppure è semplice.

Se crediamo che l’arte abbia un’utilità, una finalità, allora non potremmo mai dire che “è arte tutto ciò che gli uomini chiamano arte”, ma dovremmo invece dire che “è arte tutto ciò che raggiunge quella finalità”.

Ma non solo. Diremmo inoltre che più la raggiunge, più quell’arte ha una sua validità.

E questo ci porta necessariamente ad ammettere che in arte esista una scala di valori che rende le opere più o meno valide.

Invece, se è arte “tutto ciò che gli uomini chiamano arte”, allora l’arte è un concetto arbitrario e questo esclude qualsiasi finalità. Qualsiasi utilità.

E non esiste nessun criterio di valore perché questo principio mette pietosamente tutto su uno stesso piano poiché basta che io chiamo arte qualcosa e questo lo diventa.

Che è esattamente ciò che avviene con l’arte contemporanea.

Un individuo che fa proprio questo principio fa propria anche l’idea che l’arte sia inutile e si avvicina all’arte senza aspettative.
Senza concentrarsi in alcun modo sul valore evolutivo che l’arte ha. E non lo vede.

Frequenterà l’arte in maniera totalmente distratta, assolutamente non focalizzata su quello che questa può produrre in lui in termini di crescita personale.

Una mente così sterilizzata perde la facoltà di distinguere ciò che è artisticamente valido da ciò che non lo è.

Quindi, agli individui che hanno abboccato a concetti di questo tipo viene sottratto un grande strumento di crescita evolutiva,
per entrare in un processo di progressivo istupidimento.

Quello strumento invece, in passato, aveva un riconoscimento enorme.

Infatti quelle generazioni hanno investito grandi risorse per produrre opere talvolta di una sontuosità e magnificenza irripetibili quando non era puoi nemmeno così facile concepirle.

Ed averle o non averle quelle opere, nella cultura del proprio popolo, nella storia della propria civiltà, nella propria formazione personale, la differenza la fa. Eccome!

Concetti come quelli che “L’arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte” invece demoliscono ogni cosa, appiattiscono tutto, istupidiscono i singoli individui che li accettano e di conseguenza le masse intere.

Quindi un grande grazie a Dino Formaggio che c’ha lasciato questo magnifico principio e buon istupidimento a tutti quelli disposti a farlo proprio.

                    Alberto Melari


lunedì 17 maggio 2021

Quale è la missione della tua vita e come assolverla. (video)

 




“Il segreto dell’esistenza umana non sta soltanto nel vivere,
ma anche nel sapere per che cosa si vive!”


                            Fëdor Dostoevskij

 

Qual è la missione della tua vita?

Ma prima di tutto, esiste una missione della propria vita?
… e … cosa si intende per “missione della propria vita”?

Questo concetto, ammesso che esista, non può certo essere indagato in maniera razionale, scientifica.
Neppure la psicologia classica è uno strumento giusto per trattare di questo.

Diciamo che, la missione della propria vita, se esiste, appartiene a quel genere di verità, negate dalla maggior parte delle persone, che si possono solo intravedere e si fanno cogliere solamente da chi è più attento e disponibile ad un pensiero aperto.

Una serie di osservazioni delle proprie o altrui esperienze possono portare a pensare che una missione nella vita potrebbe esserci.
Cioè un qualcosa di ben preciso che la vita ci chiede di fare.
Uno scopo finale per cui siamo venuti al mondo.

Se ciascuno di noi dovesse avere una missione nella propria vita, allora diventa fondamentale scoprire quale è.
Perché è probabile che la vita possa procedere bene, possa avere un senso, solo quando effettivamente si sta portando avanti quella missione.

La maggioranza delle persone però pensa che la propria missione di vita non si sia mai manifestata perché nelle loro vite hanno avuto un ruolo determinante certi elementi di disturbo.

Ad esempio: disagi dovuti alla mancanza di denaro. Oppure si viene assorbiti da problemi di relazioni sentimentali, quando non si è mai trovato un equilibrio nei rapporti affettivi. Incapacità a mantenere le amicizie quando non si sanno gestire i rapporti interpersonali.
Paure di ogni tipo.

Molti non hanno potuto scoprire quale fosse la propria missione perché eclissata da qualcuno di questi problemi che hanno preso il sopravvento su tutto il resto.

Questi problemi non permetterebbero di concentrarsi su ciò che la vita vuole da noi. 

Attenzione! Quell’entità, che si frappone fra te e la tua missione di vita, non è un disturbo secondario.
Quella è la tua missione di vita.

Ed è per questo che te la trovi davanti ogni volta.
E ogni volta ti distrae da qualcosa che stai provando a fare.

Lo so… non è una bella notizia di cui venire a conoscenza.

Avresti preferito che la missione della tua vita fosse contribuire al progresso della civiltà, scoprire qualcosa di importante, salvare vite, lasciare un patrimonio artistico di eccellenza, consegnare alla storia qualcosa di rilevante … fosse stata una di queste avresti volentieri speso il tuo tempo, le tue energie e anche i tuoi soldi per portarla avanti.

Invece devi solo risolvere un problema che molte delle persone che conosci non hanno neppure mai avuto
e quindi faticano anche solo a concepire che tu ce l’abbia.

Eppure è così.

Ora, se non hai ancora chiuso con sdegno questo video, possiamo fare altre considerazioni a riguardo.

Cosa accade, per esempio, se quel problema nella vita viene risolto?
Cosa accade se viene assolta una volta per sempre la missione?
La vita smette di avere senso senza una missione?

Niente di tutto questo.

Intanto va detto che prima che quel problema venga risolto, cioè che si assolva alla missione, c’è un tempo in cui il problema non viene nemmeno riconosciuto. Viene negato.

Non è proprio che venga negato quando si presenta, ma viene trattato come un incidete casuale qualunque
non viene cioè riconosciuto come il problema della propria vita.

E quindi non lo si affronta direttamente, si aspetta che il disagio che ha generato passi, un po’ come passa prima o poi un dolore muscolare.

Solo dopo molte volte in cui quel problema si è ripresentato, ed in genere ogni volta in maniera più dolorosa e sfacciata, si arriva a riconoscerlo come proprio.

E perché questo avvenga in genere passano anni. Talvolta decenni.

Anche dopo che sarà diventato chiaro che quel problema si presenta a noi ripetutamente, sempre uguale, sempre nostro, passerà ancora altro tempo in cui verrà lasciato agire, in quanto attribuito a circostanze esterne che si vengono a creare ogni volta come una maledizione contro di noi.

Ma più spesso la colpa viene data ad altri, famigliari o conoscenti, considerati responsabili di azioni che generano quel problema nella nostra vita.

Già … ma come si risolve quel problema?
Come si assolve alla missione della propria vita?

Ogni problema sembra essere una cosa a sé.

È molto diverso infatti avere problemi di denaro dall’avere problemi di relazione dall’avere problemi di altro tipo ancora.

Eppure la soluzione ha sempre un unico schema.

Occorre ammettere con se stessi che quel problema è dentro di noi.
Che, anche se tutto ci appare ogni volta frutto di congiunture esterne sulle quali non avremmo potuto fare nulla, siamo noi, in maniera molto indiretta, sottile e perversa ad aver creato le circostanze che ci hanno fatto ricadere in quelle situazioni.

In altre parole, occorre assumersi la completa responsabilità di quanto ci accade, senza dare colpe a nessuno.

E questo deve essere accolto come verità assoluta,
non riconoscerlo senza esserne effettivamente convinti.

Raggiungere questo livello di consapevolezza corrisponde a compiere un passo evolutivo enorme per la propria vita.

Una volta raggiunta questa consapevolezza, verrà naturale avere il desiderio di voler sorprendere noi stessi in futuro mentre mettiamo in atto quei meccanismi che tante volte ci hanno incastrato in situazioni spiacevoli.

Per capirli finalmente, riconoscerli mentre agiscono e combatterli.

Ma questo probabilmente non accadrà.
Perché il semplice raggiungimento della consapevolezza di avere noi la responsabilità delle nostre stesse avversità, è già di norma sufficiente a portarcene fuori.

Anche se ci vorrà molto tempo affinché la vita ci darà dei segni concreti che questo è avvenuto.

Ad ogni modo la missione è stata assolta.

A questo punto? Cosa dobbiamo fare della vita?

Sicuramente ci godiamo quello stato di evoluzione raggiunto.
Abbiamo una nuova visione del mondo.
Tanta energia rimasta intrappolata per anni in problemi ricorrenti si è liberata ed è a nostra disposizione.

Ma la vita non permetterà mai che ci annoiamo.

Infatti è probabile che una qualche altra missione si presenti davanti a noi.
Purtroppo sempre sotto forma di problema da risolvere.

Un altro problema, sotteso, silente, che nel passato si era già presentato, anche se in maniera lieve, adesso sembra accrescersi, lievitare.
Si manifesta come non aveva mai fatto prima.
E tutto ricomincia da capo.

Ora, sta a noi voler capire o meno il funzionamento di questo meccanismo.
Il senso della “missione da compiere”.

Possiamo scegliere di entrare nel lamento di chi si deve rassegnare a non essere mai sereno e tranquillo, mai degno di un autentico stato di pace, oppure capire che quei problemi sono lì, disposti in fila come i vagoni di un treno.
Uno dietro l’altro stanno chiedendo di essere risolti.

Ogni volta meno severi però, perché il modo in cui si sono disposti è senz’altro in un ordine decrescente.
Dal più grave, più urgente, al più semplice da sciogliere.

E tutti hanno la stessa soluzione.
Occorre assumersi la responsabilità della loro presenza.
Sapere che siamo noi a generarli e ignorare ogni convinzione che tutto invece avviene all’esterno e che noi non possiamo farci niente,
anche se appare come la cosa più evidente.

È questo il segreto per assolvere alla missione.

Solo dopo aver smontato uno per uno tutti i vagoni di quel treno, ai pochissimi che in una vita avranno il coraggio di farlo, l’esistenza rivelerà finalmente quale è la missione grandiosa per la quale si sta vivendo.

Quella per cui varrà la pena spendersi, essere strumento, servire e risplendere.

                                                                                              Alberto Melari