Il video I Falsi Artisti è stato pubblicato il 22 ottobre 2019 e al 9 febbraio 2020 (dopo circa 3 mesi e mezzo) aveva totalizzato 340 visualizzazioni. In altre parole è passato nel silenzio più totale. Il giorno 10 febbraio il video viene condiviso in un gruppo Facebook che si occupa di arte dal nome “Arte e artisti contemporanei”. Da quel momento esplode la sua viralità. Il 23 febbraio il video supera abbondantemente le 22.000 visualizzazioni aprendo un dibattito in rete di cui da tempo, evidentemente, si sentiva il bisogno.
Questo che segue è il video “I Falsi
Artisti 2”, un approfondimento importante sullo stesso tema.
Nel video su
“I falsi artisti”, ho spiegato come, attraverso un lavoro mediatico operato
dalla critica, ci siano artisti che sono passati alla storia pur avendo
prodotto opere totalmente insignificanti e vuote.
Ho fatto gli
esempi principali, Rothko, Fontana, e molti altri.
Ho spiegato
abbondantemente qual è il meccanismo psicologico attraverso il quale le persone
vengono indotte a dare valore a queste opere, anche se il loro valore è nullo.
Ora
entreremo ancora più nel dettaglio di questo meccanismo portando degli esempi pratici.
Di esempi ne
potremmo reperire ovunque. Praticamente quasi ogni testo critico, che si dà il
proposito di divulgare la conoscenza dell’opera e del valore di questi artisti,
è una buona dimostrazione di meccanismi e tecniche di induzione verso un certo
tipo di pensiero.
1) Una prima tecnica, come già accennato nel video dei Falsi Artisti,
è quella di creare discorsi complessi e fumosi
che non dicono assolutamente nulla.
è quella di creare discorsi complessi e fumosi
che non dicono assolutamente nulla.
L’esempio che
vi riporto ora di seguito, fra i tanti disponibili, è quello di un
testo critico trovato in rete che tratta, ancora una volta, di Rothko.
Leggo testualmente:
Le scelte compositive servivano a rendere la contemplazione dello spettatore più intima e
raccolta, permettendo un viaggio nel mondo del colore; un viaggio ipnotico all’interno dell’opera, una finestra
sull’incomprensibilità dell’io più profondo
Il tempo non esiste nelle tele di Rothko e questa sorta di eterna stasi accompagna verso l’infinita testimonianza
della tragedia del nascere, vivere e morire.
Cosa
significa “viaggio ipnotico all’interno dell’opera, una finestra
sull’incomprensibilità dell’io più profondo”?
Cosa
significa “Eterna stasi verso l’infinita testimonianza del nascere, vivere e
morire”?
Ma
soprattutto, queste frasi, in che modo si associano ad opere fatta da
semplicissime
stesure di colore?
stesure di colore?
(Vedi video L’arte di Alighiero
Boetti dal min. 2,50 al min. 3,12)
Si tratta di evidenti costrutti verbali
che hanno come mezzo la ricerca di
una sintassi astrusa e tortuosa e come fine
quello di rendere il discorso talmente fumoso e ambiguo da non far percepire il
fatto che non si sta dicendo assolutamente nulla.
Tutto questo
ha un unico scopo. Stordire il lettore.
Che nel
cercare di dare un significato ad opere sulle quali, giustamente, non ne vede
uno, cercando qualcuno che lo illumini, incappa in testi guida di questo tipo e
cade nel tranello dell’intellettualizzazione del discorso sull’arte.
Non capisce nulla di ciò che legge, ma gli è stato fatto credere che il discorso si muove su alti gradi di complessità.
Viene fatto nascere in lui un complesso di inadeguatezza culturale.
E questo lo
porterà, con se stesso e con gl’altri, a fingere di capire
per la non accettazione di quella inadeguatezza.
per la non accettazione di quella inadeguatezza.
Il risultato
è devastante.
Poiché il suo rapporto con quelle opere vuote, prosegue in un intimo e personale creare significati sconnessi e distorti che arrivano fino all’allucinazione.
Poiché il suo rapporto con quelle opere vuote, prosegue in un intimo e personale creare significati sconnessi e distorti che arrivano fino all’allucinazione.
Quello che
vedete di seguito è uno dei tantissimi commenti che ho ricevuto col video su “I
Falsi Artisti”. Questo
signore, dopo aver detto che ho sbagliato la pronuncia di molti dei nomi degli
artisti, e su questo non posso certo dargli torto, scrive: “Sa lei che Rothko
con le sue macchie rosse e nere … hanno evocato in me, senza testi guida né
articoli critici, l’oscurità di certe tele di Caravaggio? È una
trasfigurazione.”
In altre
parole, lui è andato a vedere Rothko. Non trovando un senso in ciò che si è trovato davanti,
ma nel disagio di doverglielo dare, visto il sontuoso ambiente dell’esposizione, il prestigio degli spazi, i numerosi visitatori e tutto il resto, si è inventato una sua spiegazione.
ma nel disagio di doverglielo dare, visto il sontuoso ambiente dell’esposizione, il prestigio degli spazi, i numerosi visitatori e tutto il resto, si è inventato una sua spiegazione.
Avendo visto
che il nero è nero sia in Rothko che in Caravaggio, uno gli ha evocato l’altro
e quindi, in qualche modo, li equipara.
Questo non è
affatto un caso isolato. Ma solo una delle tante forme di assurdo a cui la
mente viene indotta, confusa da una critica come quella che abbiamo visto, pur
di non trovarsi fuori da un’opinione dominante e condivisa. Tanto è il disagio che la persona proverebbe a sentirsi esclusa da un pensiero
comune.
2) Una seconda tecnica è quella di far passare qualcosa di assolutamente
ordinario
come operazione artistica straordinaria.
come operazione artistica straordinaria.
In questo
video ci viene spiegato il senso artistico del taglio della tela di Fontana.
Video
(min. 1,57 a min. 2,30)
Il discorso
che avete sentito è un eccellente esempio di sofisma critico. Ci viene
detto, per mezzo di una enunciazione ricercata e articolata, che se operi un
taglio in una tela, la superfice, a livello del taglio si incurva e che quindi la luce si dispone come avviene normalmente in tutte le superfici
curve.
Una
banalissima esperienza che il nostro occhio compie continuamente nel
quotidiano, viene fatta passare come sofisticata operazione artistica, come
scoperta geniale, e base per una complessa poetica pittorica.
Sempre su
Fontana, la critica spiega che con i suoi tagli o i suoi buchi avrebbe compiuto
la straordinaria operazione di portare lo spettatore al di là del quadro
mostrandoci la realtà oltre la tela.
Come se realmente, chi guarda un quadro, vivesse perennemente incantato perdendo la percezione della realtà di uno spazio in cui il quadro è inserito.
E l’artista
ci abbia stupito ricordandocela, e che lo abbia fatto con un elemento
assolutamente sbalorditivo e rivoluzionario. Il foro.
Un foro, senza nessun valore estetico, diventa invenzione artistica
straordinaria. Un foro del tutto identico a quello che incontriamo innumerevoli volte nel
quotidiano, di fronte al quale però, non abbiamo mai provato alcuno stupore. Lo
avessimo fatto ci saremmo sentiti solo un po’ idioti.
Altrettanto
usuali e comuni sono il gesto nell’Action
painting, che diventa arte non si sa
bene secondo quali criteri estetici, o la riproduzione multipla dell’immagine
nell’arte Pop americana.
Tutte
soluzioni che, al netto di una disquisizione critica artificiosa e forzata,
apparirebbero come elementi assolutamente ordinari senza alcun legame con la
creazione artistica che storicamente è ricerca formale.
Entrambe le
tecniche che ho esposto si basano su quello che viene detto “Principio di autorità”.
Ovvero, la
possibilità di far passare delle teorie attraverso dei soggetti divulgatori,
critici e intellettuali, precedentemente investiti di un’aura di autorevolezza,
che inibisce l’ascoltatore dalla possibilità di valutare la validità di quello
che viene detto.
In questo
modo si è in grado di diffondere, a livello di massa, concetti che non
corrispondono neppure minimamente ai più elementari principi di buon senso.
3) Una terza tecnica consiste nello spostare l’attenzione dalle opere
all’artista. Alle vicende della sua vita. Al racconto di sue abitudini particolari. Il tutto allo scopo di creare un mito.
Nel fare
questo ne vengono esaltati aforismi, aneddoti, stravaganze. Persino la sua
normalità.
In questo
modo le opere, seppure vuote di significato artistico, richiameranno nello
spettatore, un qualcosa di concreto, di facilmente riportabile alla memoria e
quindi di facilmente spendibile, per lo spettatore medio, quando gli si
presenterà l’esigenza di far vedere che “me ne intendo anche io”.
Un servizio assolutamente
essenziale messo a disposizione del pubblico, nel superamento del complesso di
ignoranza che si è generato in lui con l’impatto avuto nel primo incontro con quelle
opere.
Molti di
questi artisti avevano percepito l’importanza di questa tecnica e si sono
abbondantemente spesi, in vita, nel recitare la parte dell’istrione per dare
un’immagine di stravaganza e contribuire a riempire quel vuoto che la loro
opera da sola non avrebbe mai avuto la forza di colmare.
Verso l’arte contemporanea.
L’originarsi
nella modernità di una forma d’arte fasulla è stata poi il pretesto per la
nascita e il lento e progressivo sviluppo di quella che, successivamente, passa
sotto il nome di Arte Contemporanea, ormai ampliamente legittimata a proporre
il nulla e a svuotare di significato quella che è stata da sempre, nella
storia, una delle attività umane che più hanno elevato l’uomo verso i confini
più alti della sua essenza. L’arte.
In questa
maniera viene sottratto all’individuo uno dei principali strumenti di
evoluzione, lasciandolo via via sempre più disorientato e disarmato nella
personale ricerca di una sua crescita individuale che gli garantirebbe
indipendenza culturale e libertà di pensiero.
Vedere le cose
dove le cose non ci sono si chiama “schizofrenia” ed è una delle malattie
psichiche più gravi.
Vedere arte
dove arte non c’è è in tutto e per tutto una forma di schizofrenia. Una
schizofrenia collettiva e indotta. Ma pur sempre una schizofrenia.
D'altronde,
c’è un detto che dice che se milioni di persone credono ad un’idea idiota, l’idea
non cessa di essere idiota.
Alberto Melari