sabato 26 dicembre 2020

La scuola non è la cultura. La cultura non è il sapere

 




Capita spesso, nei commenti ai video, che molti confondono il concetto di “scuola” con quello di “cultura”.

Usano i due termini come se fossero dei sinonimi. Come se il semplice essere andati a scuola, o peggio, l’aver conseguito dei titoli scolastici, comporti l’avere una cultura.

Se volessimo trovare in che relazione si trovino scuola e cultura potremmo dire che la “scuola” è un contenitore e la “cultura” il suo contenuto.

metaforicamente, se la scuola è un cesto per la frutta, la cultura è la frutta che questo contiene.

E fino a qui, utilizzare i due concetti come sinonimi non sembra un errore così grande, perché, in fondo, se io indico il cesto, indico anche la frutta che contiene.

La distorsione si percepisce invece quando io decido di buttare l’occhio fuori dal cesto, e guardandomi intorno, mi accorgo che ci sono ettari ed ettari di frutteti, pieni di frutti.

Tutti frutti che non sono in quel cesto e che il cesto non riuscirebbe mai a contenere.

Ecco perché riferirsi alla “scuola” come se fosse “la cultura” significa non avere una giusta percezione della realtà. Perché significa credere che l’unica cultura sia quella che si apprende a scuola.

Chi, anche solo qualche volta, ha buttato l’occhio al di fuori dal cesto, ovvero, chi si sia mai interessato, di un argomento qualsiasi, cercando oltre le nozioni che il percorso scolastico offre, non fa nessuna fatica a comprendere questo concetto, semplicemente per averlo sperimentato.

Risolta questa distorsione di pensiero, nel comune modo di pensare se ne presenta subito un’altra.

Una volta capito che la cultura è qualcosa di enormemente più vasto di quello che si apprende a scuola, si può però continuare a credere che la cultura scolastica abbia comunque un valore speciale in quanto “cultura di base”.

Cioè che la scuola sia comunque il punto di partenza. Che sia essenziale a fornire le basi della cultura.

E pure questa è una distorsione di pensiero perché non è assolutamente così.

O meglio, questo è vero solo in parte.

Quando, ad esempio, a scuola si impara a leggere, scrivere e fare operazioni matematiche, la scuola sta effettivamente dando delle basi.

Ma ogni qualvolta la scuola propone argomenti di studio specifici, quelli non sono necessariamente “la base della cultura”. Sono semplicemente quelle che, nella personalissima opinione di chi ha redatto i programmi scolatici, siano da ritenere le fondamenta su cui si basa un sapere.

Ma nessuno ci dice che quelle basi siano le migliori,
o che addirittura non siano sbagliate.

Pensiamo ad esempio alle basi che vengono normalmente date del sapere scientifico.
Tra le tante teorie che vengono offerte ai ragazzi nelle scuole ci sono quelle dell’evoluzione della specie che tutti conosciamo con il nome di “teorie di Darwin”.

Queste vengono spiegate ai ragazzi dicendo loro che, qualsiasi studio specifico sull’evoluzione, deve partire da quei concetti lì.

Se vado ad informarmi meglio su questo argomento, ovvero se butto lo sguardo fuori dal “cesto della scuola”, scopro però che ci sono innumerevoli teorici che hanno apportato svariate prove con fondamenta scientifiche piuttosto salde, che mettono fortemente in discussione quelle teorie.
Questo ci suggerisce che quelle teorie probabilmente sono da rivedere.

In altre parole, la scuola offre come base culturale assoluta di un argomento, teorie che potrebbero essere addirittura sbagliate.

Ma l’esempio migliore viene offerto proprio dallo studio dell’arte,
Per il quale l’allievo verrà fatto meritevole di promozione solo quando ripeterà con devozione che forme artistiche come l’arte concettuale, i tagli di Fontana, le tele imbrattate di Rothko, sono esempi di arte di alto livello.

E così si perpetuano, da docente ad allievo che poi diventerà a sua volta docente, generazione dopo generazione, idiozie che alimentano un’idea folle di arte che contrasta miseramente e palesemente con decine di secoli di produzione artistica suprema, in nome di un progresso culturale che fa precipitare le teorie sull’arte verso un istupidimento generalizzato.

In altre parole, la scuola, attraverso lo strumento dell’esame e della prova da superare, seleziona menti remissive e sonnolenti a discapito di quelle sveglie e capaci di senso critico.

Cosa è la cultura?

Per quanto riguarda la scuola, dire che è semplicemente un’istituzione, è sufficiente a definirla.

E invece? Che cos’è la cultura?

Se fermiamo delle persone per la strada e chiediamo che cosa sia per loro la cultura, la maggior parte delle volte ci diranno che la cultura è un vago “sapere tante cose”.
Che una persona di cultura è una persona che ha studiato tanto.
Nei casi peggiori ci risponderanno che è una persona che ha titoli di studio importanti (!)

Ad ogni modo, in generale, si vedrà che la cultura viene percepita come “il sapere”.

Questa idea è talmente distorta che potremmo dire che la cultura, non solo non è il sapere.
Ma è addirittura il suo contrario.

La cultura è il “non sapere”.

Questo concetto, che può lasciare sorprese molte persone, non è il mio, e neppure di un qualche stravagante teorico moderno più accreditato di me.

È stato espresso da Socrate di Atene circa 2.500 anni fa.

“Io so perché so di non sapere” ci dice che la cultura non è in “ciò che si sa”. Ma piuttosto “in ciò che non si sa”.
Ovvero, la cultura non è “sapere le cose”, ma piuttosto “farsi domande”.

Possiamo dire che la cultura non è un banale accumularsi di sapere.
Ma piuttosto, e anche più semplicemente, uno specifico modo di porsi di fronte al sapere.

Facciamo un esempio.

Supponiamo di avere di fronte due persone,
una naturalmente ben predisposta al sapere. L’altra no.
Supponiamo che entrambe ignorino cosa ci sia nel cielo sopra di loro. Decidiamo di informarle su questo.

Diremo loro che la Terra, dove siamo noi, è un pianeta che gira intorno al Sole, che è una stella.
Gira intorno al Sole insieme ad una manciata di altri pianeti, più o meno dotati di lune.
E che tutto questo viene indicato come Sistema Solare.

·         La persona non ben predisposta al sapere, cioè l’ignorante, oppone delle resistenze alle informazioni che sta ricevendo.
Si sarebbe volentieri accontentata dell’idea che aveva già a riguardo ed è disposta ad accogliere informazioni nuove solo se non toccano più di tanto quelle che aveva già.

·         L’altra, quella ben disposta nei confronti del sapere, cioè la persona di cultura, non solo accoglierà con stupore ed entusiasmo le informazioni che ha appena ricevuto, ma domanderà: “E cosa c’è oltre quel Sistema Solare?”.

In altre parole, la persona colta è quella che va sempre alla ricerca di “ciò che non sa”.
È quella che si fa sempre domande su ciò che non sa, ed anche su ciò che sa già.
Queste domande sono l’apertura verso un mondo sempre in espansione.

Cultura è avere la mente sempre aperta.

Da dove origina la cultura?

Intuire che la cultura è solo un atteggiamento mentale, ha delle conseguenze paradossali.

Si scopre ad esempio che si può passare dall’essere “ignoranti” all’essere “persone di cultura” semplicemente attraverso un cambio di approccio al sapere. Che è una cosa che in teoria può avvenire in un attimo. Nell’attimo stesso in cui la si intuisce.
Nella pratica però questa intuizione è sempre difficile perché deve affrontare delle resistenze molto grandi.

Per questo gli ignoranti, cioè quelli con un approccio di chiusura nei confronti del sapere, sono sempre molti di più.


 

Un altro paradosso è nel fatto che si è colti o ignoranti non in base a ciò che si è appreso, ma solo sul modo in cui lo si è appreso. In altre parole, possedere un numero molto elevato di nozioni su un argomento, ma non essere mai disposti a metterle in discussione, ci rende più ignoranti di chi ne sa di meno ma si approccia con maggiore apertura.  

Dunque, la vera origine della cultura dobbiamo andare a cercarla all’interno della persona, in una caratteristica ben specifica che è la scaturigine ultima di tutto il valore che una persona può assumere in una vita.

È questo requisito che genera le innegabili differenze di merito che ci sono fra gli individui. E non dipende né da uno stato sociale, né dalle possibilità che l’esistenza può offrire.
E questo rende la vita estremamente giusta.

Questo requisito prende nomi diversi a seconda se lo guardiamo da un punto di vista materiale o spirituale.

Da un punto di vista materiale questo requisito è “il coraggio”.

L’ignorante è colui che si oppone al sapere perché accedere al sapere comporta ogni volta di operare un cambiamento.
Un modo diverso di vedere il mondo.
E questo comporta necessariamente la morte di un modo precedente di vedere il mondo.
E per affrontare la morte, fosse anche di una piccola parte di noi, bisogna avere coraggio.

Da un punto di vista spirituale questo requisito invece è “la fede”.

È la fede che dopo ogni morte, cioè dopo l’abbandono di ogni teoria su cui avevamo basato le nostre certezze, ci sia ogni volta un’altra vita.

Ci sia un mondo molto più vasto in cui vivere. Un mondo che si estende all’infinito



                                                                                           Alberto Melari

sabato 24 ottobre 2020

Sputare su un'opera di Lucio Fontana.

 



“L'Occidente è una nave che affonda, dove tutti ignorano la falla e lavorano assiduamente per rendere sempre più comoda la navigazione e dove non si vuol discutere che di problemi immediati"

          Emanuele Severino

Sputare su un’opera di Fontana. Sembra che qualcuno lo abbia fatto.

È probabile che quel qualcuno in questo modo volesse esprimere la disapprovazione nei confronti di un’arte che considera insignificante.

Nei miei video ho parlato tantissimo di tutte queste forme d’arte e che sono state propagandate come innovazioni geniali pur essendo palesemente delle forme di linguaggio totalmente vuote di significato artistico.

Penso che bisogna liberarsi da tutte queste opere e ripulire il mondo dalla loro presenza inquinante.

Attenzione però. Quando dico ripulire il mondo dalla loro presenza, non intendo che debbano essere tolte dalle pareti dei musei dove sono esposte ed essere smaltite in qualche modo.

La pulizia va fatta nella nostra mente.

Si tratta semplicemente di smettere di dare un riconoscimento a tutte quelle forme artistiche di facile soluzione, accreditate esclusivamente da macchinose e prolisse disquisizioni critiche, senza le quali non susciterebbero l’interesse di nessuno.

Ripulire la propria mente da queste forme speculative e smettere di subirne l’influenza culturale è di per sé un risultato straordinario.

Quando saranno diventate tantissime le persone ad aver capito questo, allora sì, queste opere non interesseranno più a nessuno.

Il loro smaltimento non riguarderà noi.
Sarà a carico di chi un tempo in quei musei ce le ha messe.

Per questo, se dovessi parlare con la persona che ha sputato su quell’opera, gli direi di non farlo più.

Gli direi di non farlo perché si tratta di un gesto che, nel voler essere un atto di trasgressione, manca totalmente di centrare il suo scopo.

Il massimo gesto di disubbidienza che si possa attuare è quello di ignorare queste opere.

Questo lo si può fare in tanti modi diversi.

Per esempio, in una consultazione di libri d’arte in libreria o in una biblioteca, bypassare totalmente tutti i testi che trattano quegli autori.

Non fare presenza a mostre o esposizioni con quel tipo di opere.

Far sapere a chi ce le propone attraverso quelle pesantissime considerazioni critiche cariche di parole insignificanti, attraverso i social o in maniera più diretta, che riconosciamo tutta l’insignificanza di quei discorsi e tutta l’inefficacia di quelle forme di pseudo-arte.

L’occidente è stato descritto come una nave che sta affondando.

Sta affondando a causa della caduta della sua economia, surclassata da quella orientale. Sta affondando a causa di un clima che si sta ribellando alle continue manipolazioni ambientali.

Sta affondando anche per altre forme di crisi.

Ma alla radice di ogni cosa, la vera crisi è di tipo culturale.

Anche se l’arte appare ai più come un mondo futile ed estraneo in fatto di influenze sociali e di costume, il propagandare per decenni opere come quelle di Fontana o altre forme di arte moderna e contemporanea, è proprio una delle questioni che sono alla base della crisi culturale di un’intera civiltà.

Salvare quella nave è impossibile.

Però, da quella nave si può scendere.

Scendere da quella nave significa incominciare a pensare in maniera diversa. Sottrarsi a tutte le forme di propaganda di pensiero che arrivano dall’ambiente circostante.

Nel caso dell’arte, significa smettere di dare credito a forme di linguaggio vuote e riappropriarsi della dignità della propria intelligenza critica.

Seguire il proprio gusto ignorando totalmente le mode e le tendenze di ogni tipo.

Il prezzo che si paga dallo scendere da quella nave è quello di un forte senso di solitudine.

La solitudine del mare aperto.

Presto però ci si accorge di non essere soli, perché si scopre che in molti lo hanno già fatto.

Inoltre si diventa presto da esempio per tutti quelli che sentono l’esigenza di scendere da quella nave, e che in noi possono vedere una via per farlo.

È la via che porta alla nascita di una vera e propria specie nuova di cui, il nuovo modo di porsi rispetto all’arte, sarà solo una delle tante manifestazioni.

Quella specie perderà totalmente la possibilità di dialogare con quella che rimane sulla nave. Pertanto non è il caso che cerchi di farlo.

Avrà ben altro su cui essere impegnata.

Quella che rimane sulla nave invece, è solo destinata ad affondare.


                                                    Alberto Melari

lunedì 10 agosto 2020

Arte e Psiche

 

Il modello dell’Iceberg di Gustav Fechner. Per capire come l’Arte si rapporta con la Psiche occorre prima ricordare come funziona la Psiche.

Questo modello, molto noto a tutti, ci ricorda come sono distribuiti i suoi territori.

Il nano dell’illusione. Quel territorio della nostra psiche che emerge corrisponde a tutto ciò che ciascuno conosce di sé.

Qui risiedono le nostre idee. L’ideologia alla quale abbiamo aderito. Le nostre ambizioni, gli obbiettivi che ci siamo proposti e le strategie, i tempi, le scadenze per raggiungerli.

È il territorio della pianificazione del tempo, del calcolo, dei numeri.
Qui risiede la capacità di cogliere ed incamerare concetti.

Questa parte però, altro non è che un’illusione.

Questo “io” consapevole è un Nano che agisce credendo di riuscire a controllare in qualche modo il mondo in cui si muove.
E si muove ignaro che al di sotto c’è un Gigante, nascosto, esteso dieci volte tanto, che è il vero padrone della realtà. La determina e la genera continuamente.

Esempi di realizzazione.

Quello che accade, Il più delle volte, ad esempio, è che le persone si danno degli obbiettivi a livello cosciente. Ma, pur tendendo verso la loro realizzazione, non arrivano mai a raggiungerli appieno. E questi rimangono per sempre “il sogno di una vita”.

(1)
Ammettiamo che a livello del Nano dell’illusione ci si sia dato il proposito di affermarsi attraverso una considerevole realizzazione economica.
Si vuole diventare ricchi. Molto ricchi.

Da quando si è maturato questo proposito è passato del tempo. Ma quello che si è andato realizzando è che la persona magari vive sì una vita economicamente dignitosa, ma non arriva mia ai livelli che si era effettivamente prefissata.

Naturalmente si attribuisce la responsabilità di questo obbiettivo mancato a circostanze esterne sfavorevoli. “C’è la crisi, Il mercato non risponde, il socio che mi sono scelto si è rivelato meno efficiente”.

A nulla varrà far notare il fatto che nel frattempo, qualcun altro quello stesso obiettivo invece lo ha centrato nonostante la crisi e il mercato.
O constatare che la scelta del socio è comunque una scelta autonoma.

Il fenomeno invece si spiega a livello del Gigante. Se quello che ci si era prefissati non sta avvenendo, il vero motivo è che, evidentemente, a livello profondo ci sono delle resistenze che ne impediscono la realizzazione piena.

Questo è la reale ragione di ciò che è avvenuto.

(2) Altre volte accade invece che si arriva ad una propria realizzazione, ma non nel campo in cui ci si era proposti di farlo.

Supponiamo per esempio che, a livello cosciente, cioè secondo la volontà del Nano dell’illusione, si aspiri a diventare uno sportivo di successo.
La persona Inizia a impegnarsi per raggiungere questo obiettivo. Ma le circostanze, nel tempo, faranno sì che si ritrovi a diventare, ad esempio, un insegnate.
Un insegnante molto bravo ed apprezzato che fa il suo mestiere con passione e che da questo trae anche grandi soddisfazioni.

Anche questa volta, ciò avviene perché hanno prevalso attitudini e tendenze della natura inconscia dell’individuo contenuti qui, nel Gigante del proprio inconscio.

(3) Vediamo ancora un ultimo caso.
 
Il Nano dell’illusione si è dato l’obbiettivo di vivere nella ricchezza e nell’abbondanza. Ciò che avviene invece è che, man mano che la persona si adopera nella realtà, incappa in circostanze che lo impoveriscono sempre di più.

Quando accade questo in una vita le cose si mettono male.
La parte più profonda, il Gigante, non solo non corrisponde l’intento del Nano, ma si muove in senso opposto.

Questa è necessariamente una situazione di frustrazione.

Attenzione! La frustrazione non è data dalla condizione in se stessa. Nel caso specifico dalla povertà. La povertà in se stessa, non è necessariamente una condizione negativa. Ad esempio, per un mistico, un asceta, la povertà non solo non è un problema, ma è addirittura un territorio di realizzazione.

La frustrazione è data dall’opposizione fra queste due forze contrarie. L’ambizione del Nano e la reale tendenza del Gigante.

E, come sempre, tutto ciò che si realizza appare come completamente affidato al caso ed alla contingenza.

Sintesi. Ad ogni modo, ciò che va compreso dagli esempi fatti, è che nella vita si realizza sempre quello che siamo a livello profondo, a prescindere da quelle che sono le nostre aspirazioni coscienti.

Insomma. Quando a prendere una decisione sono un Nano e un Gigante, è sempre il Gigante che, essendo il più forte, riesce ad avere ragione.

Ecco perché diciamo che il Nano vive nell’illusione.

Incomunicabilità. Un’altra cosa importante da capire è che il Nano e il Gigante non comunicano fra loro.
Il Nano dell’illusione, lo abbiamo detto, parla un linguaggio fatto di calcoli, tempi, numeri, valori, concetti.

Tutte queste cose per il Gigante non hanno nessun significato.

Il Gigante. Ma allora come funziona il Gigante?

I fenomeni che riguardano la nostra parte più profonda, consistono di un susseguirsi di flussi di energie che accendono e spengono ininterrottamente pulsioni.
Attrazioni e repulsioni.
Un caos di oscillazioni  che generano un’emotività a tratti positiva, altre volte negativa.

Incorrendo in situazioni specifiche possono attivarsi moti di aggressività, desiderio, turbamento, vitalità.

Ricordi piacevoli attivano stati d’animo positivi. Altri invece ci precipitano nella depressione. Quando il pensiero si rivolge al futuro può dare angoscia, oppure speranza.

Il tempo di una vita è contraddistinto da questo altalenare.

Queste oscillazioni tendono ad essere indipendenti e incontrollate e tanto più sono ampie, tanto più la condizione dell’essere umano è una condizione di malessere.

Esempio del tossicodipendente. Una persona fortemente dipendente da droghe, ad esempio, passa da forti stati depressivi in cui prova rammarico, rabbia nei confronti del mondo e disagi di ogni tipo, a momenti di estasi estrema dopo l’assunzione di sostanze, ma solo finché ne è attivo l’effetto.

In generale, chi, per qualsiasi ragione, ha uno scarso controllo sul proprio stato emotivo, rischia, in momenti di negatività, di compiere gesti scriteriati, come ad esempio aggredire qualcuno che in quel momento riflette un fastidio, o, in momenti di euforia, prendere con troppa leggerezza decisioni azzardate concedendo fiducia a situazioni che, ad un’attenta valutazione, non la meriterebbero.

Naturalmente i risultati di questi gesti, il più delle volte, consistono nel dover passare lunghi periodi a pagarne il prezzo.
Ed è così che la vita di questi individui si riempie di situazioni pesanti.

Le oscillazioni. La maggior parte delle persone non vive oscillazioni così ampie. Tuttavia questo andamento confuso e caotico è sempre piuttosto presente, anche se molto meno marcato.

Questo continuo oscillare della parte profonda, per la verità, non è la condizione migliore per una realizzazione piena dell’essere umano, poiché vivere in balia della propria emotività, non consente una centratura utile sugli obiettivi che ci si è dati.

Questo oscillare, oltre ad essere uno spreco di energie, porta a rispondere di più di paure e di timori che non di passioni e desideri autentici.

Per questo la maggior parte delle persone non può che ambire a obbiettivi piuttosto modesti, e soprattutto, a guidare la vita finiscono per essere sempre gli istinti più radicati, che spesso sono dei blocchi limitanti.

La condizione ideale. Ma allora quale è la condizione ideale in cui un individuo trova la sua massima espressione e dalla quale possono emergere energie notevoli che permettono di aspirare alla propria realizzazione e alla propria libertà?

Intanto non è difficile immaginare che questa si manifesti con un’emotività positiva. Ma questa positività non si attesta su alti livelli, dove governa l’euforia, l’ebrezza, l’orgasmo, che sono comunque degli stati alterati.

Ma piuttosto lì, dove le emozioni sono sì positive, ma più sottili.
E in questa loro natura moderata possono trovare una loro stabilità.

Questa condizione, di emotività positiva, tenue ma costante, può forse corrispondere a quel qualcosa a cui ci riferiamo quando parliamo di “felicità”.
Uno stato costante di “gioia di vivere”.
“Felicità” e “gioia di vivere” sono senz’altro espressioni appropriate per indicare questo stato. Tuttavia c’è un altro termine che lo definisce meglio di altri.

“Pace”. Una sorta di pace interiore.

Le intuizioni. Questa condizione è l’unica che consente l’insorgere di intuizioni.

Le intuizioni, pochi lo sanno, ma sono una delle cose più studiate al mondo.

E non c’è da meravigliarsi di questo. Avere un controllo sulle proprie intuizioni è una delle ambizioni più grandi dell’essere umano. Un’intuizione può cambiare le sorti di una vita. Un’intuizione può trasformare una realtà. Un’intuizione può cambiare il mondo. Ogni volta che il mondo è cambiato è stato perché qualcuno ha avuto un’intuizione.

Delle intuizioni si sa ben poco in verità.

Non si sa da dove arrivino. Sono dei veri e propri doni divini. Però sappiamo che arrivano sempre su un qualcosa in cui siamo solitamente molto concentrati.

È molto improbabile, ad esempio, che io possa avere un’intuizione in campo di fisica nucleare. Visto che io mi interesso di questo molto raramente e mai in maniera veramente approfondita.

L’intuizione arriva sì su qualcosa su cui siamo spesso concentrati, tuttavia, quasi mai arriva nel momento stesso in cui siamo concentrati.
L’intuizione può sopraggiunge in un attimo qualunque, mentre ad esempio stiamo pagando una cosa che abbiamo preso al bar.

Una cosa certa che si sa sull’intuizione è che sopraggiunge solo quando ci troviamo in quello specifico stato emotivo. Quello di costante pace interiore.

E questo purtroppo è un gioco perverso che fa la vita. Perché spesso abbiamo bisogno di un’intuizione proprio per uscire da un problema. Ma il problema, quando sopraggiunge, fa normalmente precipitare la nostra emotività verso stati negativi. Ovvero, ci allontana da quell’unico stato in cui l’intuizione può generarsi.

Questo non significa che un problema non potrà mai essere risolto da un’intuizione. Ma occorre prima attendere un tempo in cui l’individuo riesca ad accettare la nuova spiacevole condizione apportata dal problema. Questa accettazione riporterà lentamente lo stato psichico verso le sue normali oscillazioni. Se, nella casualità di questo stato, dovesse sopraggiungere un periodo di pace interiore, allora si apre la possibilità che arrivi l’intuizione che ci porta la soluzione del problema.

L’effetto dell’Arte. Bene. Ora che abbiamo preso visione del complesso sistema della psiche umana, vediamo come l’arte va a rapportarsi con esso.

Abbiamo detto che il Nano dell’illusione non comunica con il Gigante del nostro profondo, poiché il Nano sa solo acquisire concetti, programmare tempi, gestire quantità.
Cioè il Nano si esprime con oggetti che nel mondo profondo del Gigante non hanno alcun significato.

L’arte, invece, parla proprio il linguaggio che viene compreso dal nostro io profondo, dal Gigante.
Cioè l’arte ha il potere di comunicare con la nostra parte più profonda ed esercitare in questo modo la facoltà di domare i moti casuali delle sue pulsioni.
È uno straordinario strumento che può essere esercitato deliberatamente, cioè per scelta della nostra parte razionale. Questa combina semplicemente l’incontro fra noi e lei, e questo permette di addomesticare la parte emotiva e guidarla verso i migliori stati interiori, che, come abbiamo visto, assicurano, oltre al benessere dell’individuo, anche la sua realizzazione.

La cattedrale.  Immaginate di trovarvi nella piazza di una città storica. Scegliete voi quale. In Italia ce ne sono tante. C’è poca gente in giro. È una bellissima giornata di sole.

Voi state camminando verso la cattedrale. Raggiungete la porta e la varcate. Le pareti sono magnificamente affrescate. Camminate lentamente e sui vostri occhi scorrono forme, immagini, decorazioni di stupefacente bellezza. Arrivati alla fine di un ciclo di affreschi attraversate il transetto e vi spostate sulla parte opposta dove si sviluppa un’altra serie di opere. Risalite lentamente, sempre ammirando le stupende pitture che trovate.
Infine uscite dalla porta per tornare sulla piazza.

Cosa è accaduto in questo tempo all’interno di voi?

Per tutto il periodo in cui siete stati a contatto con l’arte, avete vissuto uno stato emotivo superiore. Proprio quello che abbiamo definito di pace interiore.

Un esercizio frequente e costante dell’arte, un regolare incontro con la bellezza espressa nelle sue diverse forme, favorisce lo stabilizzarsi di uno stato interiore utile. Proprio quello stato di pace che dispone la nostra parte più profonda nella condizione migliore per la realizzazione dell’essere umano e delle sue aspirazioni, e consente la sua evoluzione verso il conseguimento di un’autentica libertà.

Questo è il motivo per cui sull’arte si gioca uno dei più importanti aspetti della vita e della sorte di molti esseri umani, così come quella di intere popolazioni.

Questo è l’unico e vero scopo per cui si è prodotta e si produce arte, che gli artisti ne siano consapevoli o meno.

Non vi sarà sfuggito che l’elevato grado di civiltà di un popolo è sempre accompagnato da un alto livello della sua produzione artistica e culturale.

Così come per un singolo individuo, la qualità della vita, lo stato sociale e di benessere personale sono normalmente proporzionali al suo grado di cultura e di capacità di percepire la qualità nelle cose.
Tutti attributi che l’esercizio dell’arte contribuisce significativamente a sviluppare.

L’arte rappresenta un mezzo potentissimo di crescita personale. Uno strumento, anche se non l’unico, che contribuisce a che una vita possa raggiungere un suo specifico compimento.

I falsi artisti. Vediamo cosa avviene invece quando L’arte si presenta in quelle forme che sono state proposte dapprima nella modernità e che hanno poi dato origine a quella che viene indicata come Arte Contemporanea.







Prendiamo tre opere simbolo di questo tipo di espressione.

Quest’opera si chiama “concetto spaziale”. 

Quest’altra è un noto esempio di “Arte concettuale”. 

Questa ancora è un’opera che è fatta per metà da un oggetto e per l’altra metà da un titolo. Insomma è una tipologia di espressione che rinuncia totalmente alla forma estetica per affidarsi a delle associazioni di pensiero.

Si tratta di opere che per funzionare hanno bisogno di una “spiegazione”, cioè di un processo che si esplica interamente su un piano teorico e dialettico.

Ma noi abbiamo visto che il territorio dei concetti, delle associazioni, di tutto ciò che va capito, non è quello del nostro profondo, ma piuttosto quello razionale cosciente, cioè il Nano!

In altre parole, queste forme di espressione non si rivolgono al nostro profondo, al Gigante. Parlano lo stesso linguaggio del Nano dell’illusione.
Cioè alimentano l’illusione stessa!

Non producono nessun effetto sulla nostra parte irrazionale. Pertanto non hanno alcuna ricaduta in termini di sviluppo di sensibilità, di trasporto su piani emotivi virtuosi, di crescita personale.
Sono un inganno che cavalca la nostra parte illusoria. Sono lo sciogliersi di un groviglio di nozioni teoriche, forzose e coercitive, che per la nostra evoluzione sono quanto di più inutile e deleterio.

Nel fruire di queste opere non state realmente godendo degli effetti positivi tipici dell’incontro con l’arte. State solo incamerando informazioni sterili artificiosamente architettate per la loro interpretazione, che rafforzano il vostro bagaglio nozionistico e uniformano voi stessi alla superficiale convinzione che si può controllare la propria vita solo utilizzando le proprie funzioni razionali, prescindendo dalla sensibilità che si è sviluppata nei confronti della realtà.

Una sorta di iniezione di stupidità introdotta sotto forma di educazione artistica.

Queste forme d’arte sono delle vere e proprie sostanze tossiche per l’individuo che decide di farle proprie, e in generale inquinano l’inclinazione naturale di ogni individuo verso la ricerca della propria autenticità.

Anche perché, si fanno avvicinare dal pubblico tramite un meccanismo subdolo, che fa leva sulla necessità di essere aggiornati ed in linea con il proprio tempo.

Spostare la definizione di arte, da quella della tradizione, che in decine di secoli si è raffinata per raggiungere al meglio gli obbiettivi di contatto con la natura più profonda dell’essere umano per farla evolvere al meglio, a quella di queste forme sterili, costruite su teorie scombinate sciorinate da finti intellettuali, che non producono nessun effetto sul nostro sensibile, significa sottrarre agli individui uno dei più potenti strumenti di sviluppo della propria personalità.

Un capolavoro. Sì, ma non di arte. Di potere e di controllo sugli individui, che, così nutriti, si mantengono insensibili, ubbidienti, addormentati e domabili.

mercoledì 13 maggio 2020

Vuoi diventare un artista? Ecco cosa devi sapere






Da grande vuoi fare l’artista? Allora ci sono delle cose che devi sapere.
Potrebbero essere 2 le motivazioni che ti spingono in questa direzione. Molto diverse fra loro.

1

Potresti scegliere di intraprendere un percorso di crescita artistica perché senti di essere in qualche modo predisposto. Ad esempio senti che esprimerti graficamente, disegnare, creare immagini, ti viene particolarmente bene. È un qualcosa di innato che in qualche modo ti appartiene. Un istinto che ti chiama e chiede di essere coltivato.

Se è questo il tuo caso stai andando incontro ad una situazione di rischio molto elevata.
Ad esempio, se ti iscriverai all’Accademia, presto dovrai confrontarti con un mondo di docenti, assistenti e personalità di vario tipo, che parleranno un linguaggio totalmente diverso dal tuo.

Quando vedrai le loro opere e il loro approccio all’arte, capirai che molti di loro occupano quelle poltrone senza aver mai tenuto una matita in mano. Capirai ben presto che la loro concezione dell’arte, con l’immagine e con la creazione grafica, non ha nulla a che vedere.

Molti di loro, non solo non sanno fare nulla, né di grafico né di manuale, ma se cerchi di cogliere in loro una qualche sensibilità nei confronti dell’arte pittorica, troverai un elettrocardiogramma totalmente piatto.

Scoprirai che le loro opere sono spesso delle soluzioni molto banali. Ad esempio i ready-made, cioè prendono oggetti di uso comune e li “elevano” … si fa per dire … ad opera d’arte.

Oppure, gli oggetti che creano, in genere di nessun interesse da un punto di vista estetico, li commissionano ad altri, presso botteghe artigiane o pagando qualcuno che lavori per loro.

Quando conoscerai i retroscena delle carriere di molti di loro, scoprirai che il percorso che li ha portati lì non ha nulla a che vedere col talento, con la cultura, e nemmeno con la passione.

Ovviamente da queste persone non potrai apprendere nulla di quello che speravi perché non hanno nulla da insegnarti.

Il risultato, per te sarà un livello di frustrazione molto alto fatto di smarrimento, solitudine e delusione.

2

L’altro motivo per cui potresti scegliere di intraprendere una carriera artistica è proprio quello per cui hai ben capito come funzionano le cose.

Ovvero, non sai fare nulla, non senti di avere nessuna predisposizione artistica, ma hai intuito che non serve niente di tutto questo. 

Hai perfettamente compreso che quelli che oggi occupano i primi posti nella classifica dei più quotati e dei più importanti cosiddetti artisti, propongono opere che sono state prodotte senza bisogno di nessuna capacità. Né, in qualche modo, hanno un senso artistico o necessitano di un qualche livello culturale per essere comprese.


Se lo hanno fatto loro, puoi farlo pure tu. Non serve nulla. Hai già tutto. Cioè niente.

Purtroppo la frustrazione è in agguato anche per te. Perché presto, quando produrrai la tua opera, che ti aspetti venga interpretata come quella dei tanti nomi noti dell’arte contemporanea, vedrai che il tuo niente non varrà mai quanto il loro.

Eppure basterebbe una recensione bene fatta da un certo critico, o le attenzioni di quel collezionista che si circonda da sempre di opere senza alcun senso, esattamente come le tue. Una galleria che decida di adottarti e buttarti nel giro ma … niente! Non succede nulla!

Quel mondo sembra essere impermeabile alla tua persona.

Scoprirai che ce ne sono decine come te, che hanno avuto la tua stessa idea e sono lì che spingono, frequentano i salotti, baciano le mani di politici, finanzieri, si sono offerti come prostitute a tutti in cambio di un’occasione. E fanno questo da anni. Eppure, anche per loro, non succede nulla.

Solo dopo molto tempo capirai che quel sistema funziona sì, alimentando un’arte del nulla. Ma per farlo ha bisogno di pochi nomi da proporre al grande pubblico. E quelli ce li ha già.
Dovrai aspettare che arrivi un periodo di ricambio, che prima o poi ci sarà di sicuro. Ma quando arriverà hai sempre una possibilità su un milione di essere tu il prescelto. E questa lotteria, della quale non capirai mai fino in fondo il vero meccanismo, diventerà l’incubo della tua vita.


A questo punto, qualsiasi sia la tua motivazione, ti sarai fatto un’idea.


Potresti pensare, per esempio, che quello che ti ho appena detto non è vero niente e vuoi procedere senza ascoltare queste mie parole. Questo significa che sei molto innamorato della tua illusione, e non ti va di guardare in faccia alla realtà. 

Preferisci rimandare lo shock a fra un po’ di anni, quando però sarà peggiore.


Oppure ti sei convinto a rinunciare, perché hai capito che, stando così le cose, non ci sono davvero possibilità.
Oppure, hai perfettamente capito che il mondo dell’arte, che dovrebbe essere una delle attività più elevate e dove dovrebbero aleggiare i più alti valori umani, invece oggi è costruito sul nulla, è corrotto e falso.
Hai capito che riconoscere validità a quel mondo è una delle più miserabili forme di ubbidienza a cui ci si può piegare. Ma anche non darlo quel riconoscimento, ma lasciare che tutto rimanga così com’è, è comunque un atto di viltà. E quindi decidi di andare avanti lo stesso, perché l’arte non merita tutto questo.

In quest’ultimo caso, Io non so dirti se ce la farai veder cambiare qualcosa. Ma se c’è qualcuno degno di essere chiamato artista, quello allora sei tu.


giovedì 9 aprile 2020

Idee distorte sull'arte.




Idee distorte sull'arte (Video).

Cosa ha capito dell'arte chi non ha capito niente dell'arte


Dai due video su “I Falsi Artisti” è emersa una realtà sorprendente. 


Moltissime persone hanno espresso soddisfazione quando ho affermato che  alcuni pittori moderni sono passati alla storia come eccelsi maestri ma in realtà hanno prodotto solo opere artisticamente insignificanti.

“Qualcuno finalmente lo ha detto!”. È stata questa la reazione principale.

Di fatto è emerso che molte persone sono consapevoli che da anni si opera un degrado programmato della cultura artistica. 
E per questo provano sentimenti che vanno da un semplice rammarico fino alla frustrazione, dimostrando per l’arte una passione autentica e genuina.


Poi si è espressa anche la parte opposta. Quella che ha gridato allo scandalo per il fatto che qualcuno abbia osato mettere in discussione fenomeni artistici come Warhol, Fontana, Rothko, e tutto il … purtroppo … lunghissimo elenco di artisti fasulli che sono stati pompati per decenni da una critica ipocrita e intellettualmente disonesta.

È proprio su questi soggetti, di cui avevo tracciato un profilo già nel primo video, che si è innestato quel sistema di divulgazione di un’arte falsa volta ad isolare e disinnescare il potente effetto di crescita personale che ha l’arte quando invece è autentica, condannandola, di fatto, all’estinzione.

Quella che è stata operata in loro è una vera e propria distorsione di pensiero. E i loro commenti al video, questa distorsione la rivelano tutta.
Pertanto possiamo passare in rassegna queste idee distorte proprio partendo da quei commenti.

“Studia! Ignorante!”


I commenti in cui mi si dà dell’ignorante sono stati la maggioranza fra quelli che contestavano il video. “Lei non capisce artisti come Rothko e Fontana perché non studia. Noi abbiamo studiato e li abbiamo capiti”. 

E qui emerge una prima pesante stortura.

Il “capire”, il “comprendere” sono categorie che si applicano molto bene alla scienza, alla filosofia.
Si può capire una teoria, un concetto, una legge fisica, un teorema.
Tutto ciò che passa attraverso l’intelletto.

Ma non un’opera d’arte. Credere che l’arte sia qualcosa che debba essere “capito”, magari in seguito a uno studio, significa non sapere niente di cosa sia l’arte.

Di fronte ad un’opera d’arte “vera”, non c’è nulla da “capire” o da “spiegare”. L’opera, o impatta sulla parte emotiva, oppure non lo fa. 
Se non lo fa significa o che l’opera non ha una sua forza per farlo, o che la sensibilità di chi la guarda ha un’enorme bisogno di essere coltivata e raffinata. 
Cosa che andrebbe assolutamente fatta, perché quella sensibilità è uno strumento fondamentale per la vita.


È quella sorta di bussola che ci permette di orientarci quando dobbiamo fare scelte di vario tipo, anche che con l’arte non centrano niente.
Non è possibile in alcun modo che un’opera, che in un primo momento sembra non contenere nulla, in seguito ad uno studio, ad una “spiegazione critica”, venga finalmente compresa e quindi apprezzata.

Far credere il contrario è quella speculazione che la critica sta operando da decenni.
L’arte non va capita intellettualmente. Lo scopo dell’arte è coinvolgere emotivamente.
E l’esercizio che va fatto per farsi coinvolgere è quello di frequentarla il più spesso possibile e lasciare che penetri nella nostra parte più profonda 
e diventi un qualcosa che ci appartiene. È raffinare l’occhio in modo da renderlo sempre più esigente nei confronti della bellezza.


E quindi? Studiare non serve a nulla? Ecco. In molti vorrebbero a questo punto che io lo dicessi per screditare le scomode idee che divulgo. Io invece e vi dirò che studiare è fondamentale.

Però si può studiare la storia dell’arte, la cultura del periodo in cui l’arte viene prodotta in relazione all’arte stessa.
Ma pensare che si studia per “capire” l’arte non ha alcun senso. Pensare questo è sì un vero sintomo di ignoranza. E un intero sistema, di quella ignoranza si sta approfittando.
Quindi sono io a fare un invito a voi. Studiate. Perché quando vi vedo scrivere certe cose si vede che ne avete un enorme bisogno.

Solo una cultura profonda, uno studio organico e non limitato a poche nozioni da sfoggiare in società quando esce l’argomento, può rendervi veramente liberi e capaci.
Perché al momento riportate solo frasi di altri, senza mai farne un esame critico, e si vede che il più delle volte non ne capite nemmeno il significato.
Visto che spesso quelle frasi un significato non lo hanno neppure, come ho dimostrato nel secondo video su “I Falsi artisti”, ed evidentemente non avete gli strumenti per accorgervene.

“La tua idea di arte è antiquata!”

Una persona che ha lasciato un commento nel video vuole aggiornarmi su cosa sia l’arte oggi, ricordandomi questo concetto: 

“L’arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte” (Dino Formaggio)

Al di là del fatto che la frase, così com’è, è una chiarissima tautologia, e quindi è del tutto inutile, e al di là del fatto se sia realmente del critico a cui lui la attribuisce, vuole esprimere comunque il concetto sul quale si regge l’intero sistema dei falsi artisti e il castello di cartone di tutta l’arte contemporanea. 


E, per questo motivo, è da considerarsi la madre di tutte le idee distorte. Ovvero che l’arte sarebbe un concetto arbitrario e che può diventare opera qualsiasi cosa si decida che lo diventi.

Il fatto è che “ciò che è Arte” non lo posso decidere io. E neppure il più splendido dei critici.
Quello che rappresenta l’arte per l’uomo, l’esigenza di produrla e di circondarsene, è un qualcosa di atavico.
L’inizio della produzione artistica è antecedente all’invenzione della scrittura.
E quindi l’Arte, ovvero ciò che è Arte, ha iniziato a definirsi in tempi antichissimi.
Ma nella storia l’Arte si è sempre evoluta, ha sempre trovato nuovi linguaggi e nuove forme espressive.
È vero. Ma non ha mai tradito la sua essenza.
È sempre stata l’espressione di una forma estetica che esprimesse bellezza.
Naturalmente la bellezza per dei Greci era diversa da quella medievale. 
Quella rinascimentale era diversa da quella moderna che a sua volta superava quella romantica.


Ma sempre di armonizzare forme in uno spazio, l’arte si è occupata.

Ora, ammettere che, in una manciata di decenni, si sia passati “spontaneamente” (cioè per scelta del pubblico) a tipologie di espressione che rinunciano totalmente all’esigenza estetica, significa fare un passo fuori da quell’idea di Arte che si è definita in decine di secoli di storia.
Significherebbe affermare che, all’improvviso, l’uomo sia diventato tutt’altro da ciò che è sempre stato e quindi non ha più tutte quelle esigenze che la produzione artistica ha sempre soddisfatto.

Questo è quello che viene detto per giustificare un’arte totalmente dissociata dalla forma. E promuovere artisti che sono dei perfetti incapaci.

Ma questa tesi non ha nessun fondamento culturale.

Non solo l’uomo contemporaneo ha ancora necessità di un’arte che soddisfi la sua esigenza di bellezza, come sempre è avvenuto, ma mai come ora si è sentito un bisogno così grande di una guida per orientare la parte irrazionale degli individui, che è quella parte che tutte le arti hanno il compito di educare.
L’unica verità è che oggi esistono mezzi di comunicazione di massa che hanno una potenza di fuoco che mai hanno avuto nella storia. 
E quindi, attraverso questi mezzi, si creano speculazioni a danno delle masse, che prima non si potevano creare.


E questo è avvenuto anche nell’arte.

L’arte, quando è autentica, è evolutiva. 
La sua fruizione consente di sviluppare facoltà e qualità interiori che emancipano la persona e la rendono libera. 
Questo, evidentemente, non è auspicabile in un disegno di controllo sugli individui.


 “Ma chi sei tu per dire queste cose?”


“Chi sei tu per permetterti di mettere in discussione artisti tanto quotati?”.
 
Ecco! Con questa affermazione emerge tutta la necessità che certe persone hanno di accettare un’idea solo se c’è un’autorità riconosciuta a proporgliela.


Non valutano una tesi in sé. Ma si preoccupano solo se chi la espone abbia un’autorità riconosciuta per farlo.

Quindi, se è riconosciuta da un sistema, hanno la garanzia che la tesi sarà adottata da molti. E questo per loro è fondamentale.

L’imperativo non è usufruire di una verità, ma soddisfare l’esigenza di trovarsi sempre allineati alla maggioranza.  


Nel caso specifico che mi riguarda si creerebbe addirittura un paradosso.
Secondo queste persone, io, per dichiarare che un sistema marcio attribuisce autorità a personalità senza nessun valore, dovrei essere riconosciuto proprio da quel sistema, e quindi dichiarare che io per primo, e quello che affermo, non ha nessun valore.

Una denuncia, sicuramente pesante, come quella che ho avanzato io, non poteva che venire da qualcuno che dal quel sistema è esterno, e quindi da qualcuno che per forza di cose è uno sconosciuto.


Pertanto è inutile venire a chiedere quali referenze io possa offrire per certificare l’autorevolezza di ciò che affermo.


È inutile anche sperare di sentirsi dire le stesse cose che ho detto io da chi nel sistema ci vive e ci si alimenta. 
Perché nessuno taglia il ramo dove si è seduto. Specie se per arrivarci, su quel ramo, ha pagato il prezzo di molti compromessi, come spesso avviene.


Nella favola di Andersen, è un bambino a rivelare che il re è nudo. 
I cortigiani e i servi erano impegnati a fingere di vedere il vestito e a elogiare il re per la sua bellezza.


Gli insulti.



Nel video spiego che in molti si sarebbero irritati nell’ascoltare quello che avrei detto.

E infatti molti hanno reagito, nei commenti, denigrando e offendendo.

Tutti coloro che hanno l’indispensabile esigenza di essere allineati al pensiero dominate, quando ascoltano qualcuno che lo smonta, provano un forte disagio identitario, e questo provoca reazioni aggressive.

E poi ci sono tutti gli interessi che vengono toccati.

Immaginate se dovesse diffondersi in maniera importante l’idea che una certa arte moderna e l’arte contemporanea sono delle montature senza senso! 
Franerebbe l’intero apparato. Gli artisti che producono quelle opere, i galleristi che le vendono, I collezionisti che ci hanno investito. I critici, che vengono pagati per alimentare il sistema. Gli stipendiati delle accademie che hanno preso il posto di docente o, magari, di direttore senza alcun merito e per aver prodotto opere senza alcun valore.


Un intero mondo costruito sulla falsità, che sfrutta risorse di ogni tipo, crollerebbe su se stesso.

E allora, in questi soggetti di fronte a questa prospettiva, l’angoscia prende il sopravvento e l’insulto parte automatico nella disperata speranza di destabilizzare moralmente chi li sta smascherando.

Purtroppo però, l’unica cosa che io percepisco, dopo l’insulto, non è altro che quello che si percepiva anche prima.

Cioè un’indole debole che contraddistingue chiaramente il carattere tipico di chi si sottomette vigliaccamente per l’incapacità di sostenere un’idea propria.  

E, mi perdonerete, se più che provare un sentimento di compassione io non riesco.

                                                                         
                                                                             Alberto Melari