Ero con i mie figli nel bosco che passeggiavo ai margini di una riserva. Vedo un cervo sdraiato in mezzo all’erba alta. Chiamo i bambini sottovoce e cerco di porre la loro attenzione su quella scena. Ma nonostante glielo indicassi, loro mi dicevano di non vederlo. Li ho presi in braccio uno alla volta perché scrutassero meglio, ma niente. Non riuscivo a farglielo individuare.
Non mi restava che fare una cosa. Battere le mani e gridare.
L’animale si è accorto di noi, si è alzato ed è scappato. I bambini lo hanno finalmente
visto. Avrei voluto evitare di disturbarlo, ma non riuscivo ad arrendermi
all’idea che non lo vedessero.
Naturalmente i bambini sono riusciti a vedere il cervo
perché si è mosso. Quando qualcosa si muove, e tutto il resto è fermo, l’attenzione
cade per forza su quello che si muove. Quando invece tutto era fermo, anche il
cervo, era più difficile individuarlo.
È una cosa che si comprende bene. È nell’esperienza di
tutti.
Più difficile ancora è vedere qualcosa che si muove in mezzo
a tante altre che si muovono. Provate ad individuare un cervo, uno in
particolare, in mezzo ad un branco di cervi che corrono! Lo perdereste
continuamente e nelle poche volte che lo individuate non sarete mai sicuri che sia
proprio lui.
È fuori da ogni dubbio che questo periodo storico è
estremamente carico di avvenimenti (di cose che si muovono) e purtroppo il
principio appena esposto per il branco di cervi in movimento vale anche per
quello. Il risultato di non riuscire a d individuare niente è il sopraggiungere
della confusione più totale nella mente di chi lo vive.
Ogni evento, ogni fatto, ogni idea che nasce, avrebbe
bisogno, per chi le sperimenta, di un tempo di riflessione. Di un periodo di
esame. Di uno spazio mentale da dedicargli affinché ne emerga il significato.
Il tempo in cui stiamo vivendo è un succedersi continuo di
eventi in totale assenza di quell’intervallo necessario alla loro elaborazione.
Nascono leader. Crollano leader. Nascono
idee. Idee muoiono. Si compiono stragi. Si combatte per la pace. Si annienta il
male ma subito dopo il male si compie. Un verificarsi incessante di accadimenti.
Un nascere di idee nuove. Il morire di quelle vecchie. Assistiamo al successo
di qualcosa e poco dopo al suo fallimento. Senza i tempi necessari a comprenderne
le ragioni e il significato.
Difronte ad un fluire così denso di eventi ed idee
l’individuo comune, che da sempre è stato avido di punti fermi sui quali
aggrappare la propria identità, tende ad andare nel pallone. Si aggrappa
continuamente a qualcosa. Un modello di vita, un’ideale, una promessa di un
futuro migliore, una struttura istituzionale, una fede, l’individuazione di un
nemico. Regolarmente quella cosa è destinata a sfuggire in maniera inesorabile.
Ogni volta si consuma una delusione a cui segue la ricerca affannosa di una
traiettoria nuova e risolutiva che dia pace al divenire a cui è difficilissimo
adattarsi.
E allora come difendersi da tutto questo?
In realtà, non solo non ci sarebbe nulla da cui difendersi,
visto che una realtà così fatta deve solo essere accettata e nient’altro, ma
occorre anche capire che un periodo storico così singolare è un’occasione unica
per capire qualcosa che altri momenti sarebbe molto più difficile da
comprendere.
Immaginatevi un pavimento completamente ricoperto di palline
di gomma. Il pavimento, ad un certo punto, comincia a muoversi ondeggiando in
modi sempre diversi. Le palline iniziano a rimbalzarci sopra, ad urtarsi fra di
loro e negl’urti si deformano continuamente. Si scambiano velocità e direzione incessantemente.
Tutto è in moto e tutto è enormemente in confusione.
Adesso chiedetevi. In un sistema di questo tipo, cosa c’è di
fermo?
La risposta non è affatto semplice. O quantomeno non lo è se
cerchiamo un elemento che è fermo fra quelli che compongono il sistema.
L’unico elemento fermo, l’unica costante, è da cercare nel
movimento stesso. Ovvero, nelle leggi che lo regolano.
Nel caso delle palline di gomma le leggi sono quelle della
meccanica (la legge di gravità, la legge della quantità di moto ecc.). Nel caso
del caos innescato da circostanze storiche e sociali le leggi sono tutte quelle
che regolano i rapporti fra gli esseri umani, il sorgere e il placarsi di
istinti e bisogni, la necessità recondita degli esseri umani di essere dominati
o di dominare, le pulsioni più profonde.
In questo momento, l’eccesso di movimento regolato da quelle
leggi, espone le leggi stesse all’osservazione. Questo è un periodo inconsueto
dove si possono esplorare territori sommersi del genere umano da cui trarre
tante di quelle informazioni su noi stessi e sul mondo da ricavare un
patrimonio di conoscenze uniche e di grandissimo valore. Osservando la realtà ora,
si giunge all’essenza stessa del “motore immobile” da cui la realtà si genera.
Ma c’è una condizione che è essenziale. Per farlo occorre
essere fuori dalla tempesta di movimento di cui si deve divenire osservatori.
Cosa vuol dire allora esserne fuori? Essere esterni al
movimento significa resistere al fascino dello schierarsi ideologico. Significa
smettere di ammirare i leader che a turno si contendono la scena sul palco del
“risolvo tutto io!”. Significa l’abbandono totale di ogni fede, di ogni punto
fermo che ci fa sentire al sicuro, di ogni cosa che oscurerebbe la vista a chi
si è dato il compito di essere solo osservatore. Significa più di tutti
affrancarsi da se stessi e da tutte le strutture mentali costruite in anni e
anni di ubbidienza agli ordini che arrivavano dall’esterno. Significa fare
proprio quel precetto evangelico che è il più trascurato ed il meno compreso di
tutti, ma è quello che contiene il messaggio più profondo e da solo sarebbe sufficiente
a spiegare l’intero senso dell’esistenza.
“Rinnega te stesso” (Marco 8, 34).
Alberto Melari

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