sabato 8 maggio 2021

Quelle cose che un artista non dovrebbe mai fare ...

 






È fondamentale per un artista difendere il suo patrimonio più importante. La propria creatività.

Per farlo è indispensabile tutelare la propria autonomia di pensiero, il proprio mondo interiore.

Molti dei comportamenti più comuni fra chi produce arte, invece, vanno proprio a toccare quell’autonomia.

Sono le cose che un artista non dovrebbe mai fare.

Affidarsi ad un critico

Se un satellite si mette a girare intorno ad una stella, si illumina.

È questo il principio che porta molti artisti a darsi un gran da fare per farsi notare ed entrare nelle grazie di un qualche intellettuale ben inserito.

Qualcuno che scriva articoli su di loro o che li citi per lodarne le opere.

Quando nasce un rapporto di questo tipo, la posizione dell’artista è quasi sempre di subordinazione.
E questo è estremamente deleterio (alla persona in quanto tale prima ancora che all’artista).   

Come ho già detto in un altro video, le caratteristiche che fanno un artista sono due.

La prima. La capacità di utilizzare il linguaggio di cui si avvale.
In altre parole saper dipingere, se, per esempio, si tratta di un pittore.

La seconda. Quando si conosce bene il linguaggio che si utilizza occorre avere qualcosa da raccontare attraverso quel linguaggio.

I contenuti, le atmosfere, le armonie, le invenzioni, i racconti che andranno a finire nella tela sono il mondo interiore dell’artista.
Quello e nient’altro.

Quel mondo è degno di essere espresso solo quando è enormemente vasto.
Quando la personalità che lo comunica si manifesta come estesa e dirompente.

Per prima cosa una simile espressione non ha bisogno di stomachevoli fiumi di chiacchiere inutili.

Inoltre, una simile espressione non può in nessun modo generarsi da una personalità votata alla dipendenza da qualcuno.

Chi sente di doversi muovere per elemosinare un po’ di visibilità, chi ha la tendenza a sottomettersi, nelle proprie opere non potrà che manifestare quella sottomissione.

Una sottomissione che è prima di tutto sottomissione di idee.
Ovvero, chi è abituato a dipendere dall’esterno, ne dipende anche e soprattutto nel proprio pensiero e quindi in ciò che rappresenta.

Quella persona, anche se tecnicamente preparata, non rivelerà il proprio mondo. Ma quello degl’altri.

Nelle opere di tali personalità, non possiamo che aspettarci un’espressione debole, condizionata e quindi mai originale e vigorosa. Anche se tecnicamente ben fatte, le opere saranno sempre uniformate e vicine alla media.
Prive di una forza speciale che la renda interessanti veramente.

Occorre considerare anche che, con la stessa facilità con cui un critico esalta e manda alla ribalta un artista, può decidere in ogni momento di spegnerlo e riprecipitarlo nel buio per sempre.

E quindi un artista vero, come principio fondante della propria persona, non deve orbitare intorno a nessuno.

Un artista vero è quello capace di brillare di luce propria.

Seguire le mode

Se c’è una cosa che fa scadere l’attività di un artista ai più bassi livelli immaginabili è l’adattarsi a fare quello che si dice vada per la maggiore.

Il valore di un’opera è fortemente legato alla sua originalità.
La qualità in assoluto più difficile da raggiungere.

È quasi impossibile non avere modelli.
Tuttavia esiste un equilibrio perfetto fra l’ispirarsi a modelli esterni e liberare la propria espressione personale più pura.

Il conseguimento di quell’equilibrio è un’attività molto impegnativa.
Come si intuisce facilmente, è un’attività che coinvolge la parte più profonda dell’animo di un artista.
È di fatto una ricerca spirituale, qualsiasi sia il rapporto che la persona ha con la spiritualità.

La morte più totale di questi principi la troviamo nell’arte contemporanea.
Questa forma di pseudocultura ha introiettato tutta una serie di modelli di comportamento tipici dell’universo della moda.

Ha spinto l’arte verso un mondo frivolo dove a contare sono i salotti, gli eventi, le stravaganze, l’essere presente, l’essere inseriti.
Un mondo di pura esteriorità dove i riferimenti metafisici, di cultura profonda, al senso della vita, sono finti pure quelli. Sempre puntualmente citati, ostentati sul piano dell’immagine, ma di fatto inesistenti.

Un vero artista non deve mai seguire una tendenza.
Semmai, un vero artista, è quello che una tendenza la crea.

Partecipare a concorsi

Il concetto stesso di concorso, inteso come gara, come competizione a premi, non ha nulla a che fare con l’espressione artistica.

Prima di tutto va detto che il concorrere ha senso quando ad essere messi a confronto sono elementi quantificabili e oggettivabili.

Chi salta più in alto, chi corre più veloce, chi fa centro più volte.  
Chi risolve qualcosa nel tempo minore e via di seguito.

Tutte cose misurabili, che non hanno nulla a che vedere invece con la natura dell’espressione creativa, la bellezza, la capacità di affascinare di un’opera che non sono esprimibili come quantità.

Ma al di là del fatto che, in un concorso d’arte si va a quantificare qualcosa che sfugge a qualsiasi parametro di misurazione, è proprio l’idea di partecipare a concorsi che ha qualcosa di stonato.

Il dedicarsi ad un tale obbiettivo ha come effetto collaterale quello di eclissare lo scopo vero per cui si producono opere.

Ovvero per dare voce ad un mito | per creare un’espressione che consenta ad uno spettatore di riconoscere una parte profonda di sé |
per offrire una visione del mondo.

Tutto questo non ha davvero nulla a che fare con l’affermarsi rispetto ad altri e ribadire una superiorità delle proprie doti.

Creare arte è un’operazione che va concepita con l’intento di aggiungere. Aggiungere qualcosa all’universo.

Un concorso è qualcosa che, per sua natura, prevede invece un escludere, poiché presuppone un finale con vincitori da annoverare e perdenti lasciati fuori dall’attenzione.

E questo, in arte, non ha senso.

Anche nelle rare volte in cui tutto si svolge in maniera onesta, la giuria di un concorso non può che rappresentare un’espressione del gusto assolutamente parziale, e quindi qualcosa lontanissimo dall’essere oggettivo.

L’idoneo e naturale destino di un’opera è quello di essere lasciata al pubblico che ne determinerà spontaneamente il successo in base a quanto questa sarà capace di toccare la sensibilità di chi le si avvicina.

Quindi una giuria che stabilisce un vincitore non sta di fatto stabilendo un bel niente.

Per quale motivo un artista dovrebbe prestarsi a qualcosa che, di fondo, non stabilisce in un bel niente?

Farsi attribuire un coefficiente di valore

Sul mercato dell’arte c’è un sistema con cui viene calcolato il valore economico dell’opera di un artista.

Questo funziona sommando l’altezza e la lunghezza del quadro, espresse in metri, moltiplicato per un coefficiente attribuito all’artista. Il risultato dell’equazione dà il valore di una sua opera.

Poche cose ci sono di più stupide di questo meccanismo appena descritto.

In altre parole, le opere vengono trattate come prodotti di salumeria.
Così come una mortadella costa un tanto al chilo, un quadro viene valutato un tanto al metro.

Far dipendere il valore delle proprie opere da un coefficiente “al metro lineare” è forse più deprimente e svilente che dipendere da un critico, come appena detto.

Corrisponde al dover accettare che le proprie opere siano in qualche modo tutte livellate, tutte dotate di un tetto di valore oltre il quale non possono elevarsi, fintanto che, sempre dall’esterno, non interviene qualcuno a rimuovere quel limite, per criteri a dir poco ridicoli, e solo per spostarlo un po’ più in su.

Questo, fra l’altro, rappresenta un grosso ostacolo alla sperimentazione e all’apertura verso nuove prospettive, perché il meccanismo pretende che ci sia una riconoscibilità dell’opera.
Quindi un appiattimento di schemi che, per un artista vero, dovrebbe risultare qualcosa di insopportabile.

Se un artista decide legittimamente di stare sul mercato deve essere egli stesso a stabilire il prezzo delle proprie opere, valutandole una per una.

Non per questo non deve adattarsi alle leggi del mercato, che però sono leggi naturali, come quella della domanda e dell’offerta.

Ovvero, se l’artista produrrà opere di livello, il mercato risponderà spontaneamente aumentando la richiesta. E sarà normale alzare il prezzo.

Essere identificato da un coefficiente è qualcosa che, oltre a non avere alcun senso, è inaccettabile per il grado di libertà di cui deve pretendere di godere una persona che ha deciso di esprimersi attraverso la sua creatività.


                Alberto Melari

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