La paura
I demoni esistono veramente.
Quando nella vita succede qualcosa, questo genera in noi una
reazione emotiva.
Da un punto di vista logico questo concetto sembra non fare
una piega. È perfettamente coerente con il principio di causa-effetto (o principio
di causalità).
E se invece così non fosse? E se avvenisse regolarmente il
contrario ma noi non siamo in grado di accorgercene?
Il contrario consisterebbe nel fatto che una nostra reazione
emotiva, ad esempio una paura, faccia accadere qualcosa nella nostra vita.
Questa idea sembra assurda. Invece è proprio questo
quello che realmente accade! E non ogni tanto. Ma sempre. Ed ogni volta ci
appare come se avvenisse l’inverso.
Non c’è miglior modo di spiegare questa teoria che non sia di
dimostrarla con degli esempi. Di seguito tre.
Primo - Il dipendente ed il titolare.
I protagonisti sono due persone che chiameremo A e B. Hanno
due ruoli differenti nella storia, in relazione fra loro.
A è uno dei dipendenti di un’attività di cui B è il titolare. A non è un dipendente qualsiasi. In qualche modo gestisce un po’ tutta l’attività, organizza il lavoro e dirige gli altri dipendenti. B ha molta stima di lui e si fida. Anche A ha stima del suo capo B. Lo ammira. Lo considera come un maestro per certi versi.
Il clima è sereno.
A è uno dei dipendenti di un’attività di cui B è il titolare. A non è un dipendente qualsiasi. In qualche modo gestisce un po’ tutta l’attività, organizza il lavoro e dirige gli altri dipendenti. B ha molta stima di lui e si fida. Anche A ha stima del suo capo B. Lo ammira. Lo considera come un maestro per certi versi.
Il clima è sereno.
A, ogni tanto, trova del lavoro all’esterno dell’attività. B
è d’accordo su questo perché sa che l’attività non garantisce di per sé grossi
guadagni, e quindi è felice che A possa avere guadagni esterni che lo rendano
più tranquillo economicamente. Anche perché questo gli garantisce che A non
abbandoni l’attività per cercare qualcosa di più sicuro. Anzi, B a volte mette volentieri
a disposizione di A le attrezzature dell’azienda per lo svolgimento di questi
lavori esterni.
Insomma c’è una situazione di equilibrio, con ruoli ben
precisi e riconosciuti e rapporti umani ottimali.
Ad un certo punto però in B comincia a maturare una paura. Il
timore che A possa svincolarsi e abbandonare l’attività per proseguire in
proprio. Questo scenario lo ossessiona. In primo luogo perché perderebbe A, il
suo dipendente migliore. Poi perché si troverebbe un concorrente in più. Ma
soprattutto perché sentirebbe minacciato il suo ruolo di capo a cui tiene molto
e l’idea che qualcuno possa eguagliarlo lo disturba.
In realtà A non ha mai fatto questo tipo di pensiero. Non si
è mai visto nel ruolo di titolare di un’attività. Lo sente inadatto alla sua
personalità ed ha troppa stima di B per pensare di poterlo emulare.
Un giorno A si procura un po’ di lavoro all’esterno e prende
accordi con qualcuno per assicurarsi il solito piccolo guadagno extra. Come
altre volte chiede a B di avere in prestito l’attrezzatura per svolgere il lavoro.
B, in preda già da tempo a quella preoccupazione, questa volta
inventa una scusa e nega l’utilizzo dell’attrezzatura che fino ad allora aveva
sempre prestato con generosità.
Naturalmente A rimane spiazzato. È costretto a rinunciare al
lavoro ma per farlo deve venire meno ad un impegno preso. In più deve
rinunciare al guadagno extra, indispensabile per un equilibrio economico che
gli consenta di continuare a lavorare nell’attività di B. Deve trovare una
soluzione.
Ci pensa un po’ su poi sceglie di fare un azzardo. Decide di
acquistare delle attrezzature tutte sue. Naturalmente si indebita per farlo.
Però questo gli permette di svolgere il lavoro e salvare la faccia con i
clienti.
Una volta svolto il lavoro però accade che si ritrova il
debito aperto e si rende conto che ha ben poca scelta. Deve staccarsi da B e
aprire un’attività in proprio che gli consenta di ammortizzare le spese fatte e
dare un senso a quell’investimento.
Questa vicenda è complessa e intrecciata, ma è un chiaro
esempio di come una paura, cioè il timore di B che A si possa staccare da lui, abbia
generato esattamente la condizione che era temuta.
Naturalmente B non si è accorto di essere stato lui a
causare la situazione di cui aveva timore. Darà la colpa ad A di aver tradito
la sua fiducia. Ma non solo. Ed è questo il punto principale. Dirà a sé stesso
che tutte le sue preoccupazioni erano fondate. E che faceva bene a temere che A
si staccasse da lui. In qualche modo crede che stava effettivamente vedendoci lungo
e che la sua paura aveva una base reale.
Secondo - Il marito geloso.
Una volta analizzato un caso complesso come quello
sopracitato, vediamone uno più semplice e di migliore intuito.
Questa volta abbiamo marito e moglie, con lui che è il
classico marito geloso. Naturalmente la paura di un marito geloso è che la
moglie possa andare con un altro uomo. La moglie, dal canto suo, non ha nessuna
intenzione di farlo. Ma questo non cambia niente nella preoccupazione del
marito, il quale inizia a controllarla, a chiamarla al telefono per chiederle
con chi sta, a farle domande in maniera pressante. Questo atteggiamento naturalmente
rende il rapporto molto pesante per la moglie. La moglie, che in un primo
momento sopporta, col tempo incomincia a stancarsi e il sentimento d’amore e la
stima che provava per il marito si attenuano sempre di più.
Ad un certo punto la moglie si rende conto di non sopportare
più quel controllo ossessivo e questo la porta a disinnamorarsi completamente
del marito. Ed è a questo punto che incomincia a guardarsi intorno, fin quando
non inizia a provare attrazione per un altro uomo. Alla fine ci si incontra e inizia
una relazione clandestina con lui.
Il marito, che aveva paura del tradimento, ha ottenuto
esattamente quello che temeva. Anche qui, il marito, una volta scoperta la
relazione segreta, passerà il tempo a dirsi che aveva ragione ad
avere dei sospetti sulla fedeltà della moglie.
Terzo - Lo studente all’esame.
Uno studente deve sostenere un esame. Ha molta paura di non
superare la prova. Ha studiato, ma continua a temere di cadere su una domanda
non prevista o che l’esaminatore colga un qualche punto debole della sua
preparazione.
Una volta davanti alla commissione, già prima che gli venga
fatta una domanda, scatta in lui una sorta di agitazione, una tensione da esame
maturata in giorni e giorni di preoccupazione che non gli fa ricordare niente.
La voce si blocca e non riesce a parlare. Si crea un vuoto di memoria e lì per
lì per la tensione non riesce a collegare i concetti. Il risultato è una
prestazione pessima. Verrà bocciato.
La paura di essere bocciato ha dato ragione a se stessa.
Inutile dire che gli esempi a disposizione sarebbero molti
di più. E tutti finirebbero per darci un’unica verità.
I demoni esistono.
Sono le paure. Entrano nelle persone. Le possiedono. Vivono della loro energia facendo in modo che la loro mente non pensi ad altro. Una volta posseduta una vittima, il demone (la paura) la fa muovere in maniera tale che questa crei una realtà in cui le condizioni della paura stessa si realizzino e molto spesso ci riesce. In questo modo la vittima si convincerà della fondatezza di quella paura e continuerà ad ospitarla e non si accorgerà che è stata proprio lei a renderla reale. Così il demone potrà continuare a possederla e assicura la propria sopravvivenza all’interno di lei.
I demoni esistono.
Sono le paure. Entrano nelle persone. Le possiedono. Vivono della loro energia facendo in modo che la loro mente non pensi ad altro. Una volta posseduta una vittima, il demone (la paura) la fa muovere in maniera tale che questa crei una realtà in cui le condizioni della paura stessa si realizzino e molto spesso ci riesce. In questo modo la vittima si convincerà della fondatezza di quella paura e continuerà ad ospitarla e non si accorgerà che è stata proprio lei a renderla reale. Così il demone potrà continuare a possederla e assicura la propria sopravvivenza all’interno di lei.
Quando parlate con qualcuno che è in preda ad una paura, non
state parlando con lui. State parlando con il demone. È importante saperlo.
Buona
conversazione.
Alberto
Melari
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