lunedì 13 maggio 2019



La paura

I demoni esistono veramente.


Quando nella vita succede qualcosa, questo genera in noi una reazione emotiva.
Da un punto di vista logico questo concetto sembra non fare una piega. È perfettamente coerente con il principio di causa-effetto (o principio di causalità).

E se invece così non fosse? E se avvenisse regolarmente il contrario ma noi non siamo in grado di accorgercene?

Il contrario consisterebbe nel fatto che una nostra reazione emotiva, ad esempio una paura, faccia accadere qualcosa nella nostra vita.

Questa idea sembra assurda. Invece è proprio questo quello che realmente accade! E non ogni tanto. Ma sempre. Ed ogni volta ci appare come se avvenisse l’inverso.
Non c’è miglior modo di spiegare questa teoria che non sia di dimostrarla con degli esempi. Di seguito tre.

Primo - Il dipendente ed il titolare.

I protagonisti sono due persone che chiameremo A e B. Hanno due ruoli differenti nella storia, in relazione fra loro. 
A è uno dei dipendenti di un’attività di cui B è il titolare. A non è un dipendente qualsiasi. In qualche modo gestisce un po’ tutta l’attività, organizza il lavoro e dirige gli altri dipendenti. B ha molta stima di lui e si fida. Anche A ha stima del suo capo B. Lo ammira. Lo considera come un maestro per certi versi. 
Il clima è sereno.

A, ogni tanto, trova del lavoro all’esterno dell’attività. B è d’accordo su questo perché sa che l’attività non garantisce di per sé grossi guadagni, e quindi è felice che A possa avere guadagni esterni che lo rendano più tranquillo economicamente. Anche perché questo gli garantisce che A non abbandoni l’attività per cercare qualcosa di più sicuro. Anzi, B a volte mette volentieri a disposizione di A le attrezzature dell’azienda per lo svolgimento di questi lavori esterni.

Insomma c’è una situazione di equilibrio, con ruoli ben precisi e riconosciuti e rapporti umani ottimali.

Ad un certo punto però in B comincia a maturare una paura. Il timore che A possa svincolarsi e abbandonare l’attività per proseguire in proprio. Questo scenario lo ossessiona. In primo luogo perché perderebbe A, il suo dipendente migliore. Poi perché si troverebbe un concorrente in più. Ma soprattutto perché sentirebbe minacciato il suo ruolo di capo a cui tiene molto e l’idea che qualcuno possa eguagliarlo lo disturba.

In realtà A non ha mai fatto questo tipo di pensiero. Non si è mai visto nel ruolo di titolare di un’attività. Lo sente inadatto alla sua personalità ed ha troppa stima di B per pensare di poterlo emulare.

Un giorno A si procura un po’ di lavoro all’esterno e prende accordi con qualcuno per assicurarsi il solito piccolo guadagno extra. Come altre volte chiede a B di avere in prestito l’attrezzatura per svolgere il lavoro.

B, in preda già da tempo a quella preoccupazione, questa volta inventa una scusa e nega l’utilizzo dell’attrezzatura che fino ad allora aveva sempre prestato con generosità.

Naturalmente A rimane spiazzato. È costretto a rinunciare al lavoro ma per farlo deve venire meno ad un impegno preso. In più deve rinunciare al guadagno extra, indispensabile per un equilibrio economico che gli consenta di continuare a lavorare nell’attività di B. Deve trovare una soluzione.
Ci pensa un po’ su poi sceglie di fare un azzardo. Decide di acquistare delle attrezzature tutte sue. Naturalmente si indebita per farlo. Però questo gli permette di svolgere il lavoro e salvare la faccia con i clienti.

Una volta svolto il lavoro però accade che si ritrova il debito aperto e si rende conto che ha ben poca scelta. Deve staccarsi da B e aprire un’attività in proprio che gli consenta di ammortizzare le spese fatte e dare un senso a quell’investimento.

Questa vicenda è complessa e intrecciata, ma è un chiaro esempio di come una paura, cioè il timore di B che A si possa staccare da lui, abbia generato esattamente la condizione che era temuta.

Naturalmente B non si è accorto di essere stato lui a causare la situazione di cui aveva timore. Darà la colpa ad A di aver tradito la sua fiducia. Ma non solo. Ed è questo il punto principale. Dirà a sé stesso che tutte le sue preoccupazioni erano fondate. E che faceva bene a temere che A si staccasse da lui. In qualche modo crede che stava effettivamente vedendoci lungo e che la sua paura aveva una base reale.

Secondo - Il marito geloso.

Una volta analizzato un caso complesso come quello sopracitato, vediamone uno più semplice e di migliore intuito.

Questa volta abbiamo marito e moglie, con lui che è il classico marito geloso. Naturalmente la paura di un marito geloso è che la moglie possa andare con un altro uomo. La moglie, dal canto suo, non ha nessuna intenzione di farlo. Ma questo non cambia niente nella preoccupazione del marito, il quale inizia a controllarla, a chiamarla al telefono per chiederle con chi sta, a farle domande in maniera pressante. Questo atteggiamento naturalmente rende il rapporto molto pesante per la moglie. La moglie, che in un primo momento sopporta, col tempo incomincia a stancarsi e il sentimento d’amore e la stima che provava per il marito si attenuano sempre di più.

Ad un certo punto la moglie si rende conto di non sopportare più quel controllo ossessivo e questo la porta a disinnamorarsi completamente del marito. Ed è a questo punto che incomincia a guardarsi intorno, fin quando non inizia a provare attrazione per un altro uomo. Alla fine ci si incontra e inizia una relazione clandestina con lui.

Il marito, che aveva paura del tradimento, ha ottenuto esattamente quello che temeva. Anche qui, il marito, una volta scoperta la relazione segreta, passerà il tempo a dirsi che aveva ragione ad avere dei sospetti sulla fedeltà della moglie.

Terzo - Lo studente all’esame.

Uno studente deve sostenere un esame. Ha molta paura di non superare la prova. Ha studiato, ma continua a temere di cadere su una domanda non prevista o che l’esaminatore colga un qualche punto debole della sua preparazione.

Una volta davanti alla commissione, già prima che gli venga fatta una domanda, scatta in lui una sorta di agitazione, una tensione da esame maturata in giorni e giorni di preoccupazione che non gli fa ricordare niente. La voce si blocca e non riesce a parlare. Si crea un vuoto di memoria e lì per lì per la tensione non riesce a collegare i concetti. Il risultato è una prestazione pessima. Verrà bocciato.

La paura di essere bocciato ha dato ragione a se stessa.

Inutile dire che gli esempi a disposizione sarebbero molti di più. E tutti finirebbero per darci un’unica verità.

I demoni esistono.

Sono le paure. Entrano nelle persone. Le possiedono. Vivono della loro energia facendo in modo che la loro mente non pensi ad altro. Una volta posseduta una vittima, il demone (la paura) la fa muovere in maniera tale che questa crei una realtà in cui le condizioni della paura stessa si realizzino e molto spesso ci riesce. In questo modo la vittima si convincerà della fondatezza di quella paura e continuerà ad ospitarla e non si accorgerà che è stata proprio lei a renderla reale. Così il demone potrà continuare a possederla e assicura la propria sopravvivenza all’interno di lei.

Quando parlate con qualcuno che è in preda ad una paura, non state parlando con lui. State parlando con il demone. È importante saperlo. 
Buona conversazione. 


                                                                                                                      Alberto Melari

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