L’“invito alla lettura” .
Un messaggio idiota.
Ho partecipato ad una riunione per la realizzazione di un
festival dedicato al racconto per ragazzi. Sono rimasto in silenzio ad
ascoltare chi aveva avanzato la proposta e l’aveva già in parte elaborata.
Non è passato molto tempo dall’inizio della riunione che è
emersa ben presto l’idea di lanciare un “Invito alla lettura”, uno dei concetti
più inflazionati che io conosca. Se si mette la frase su Google ci si può rendere
conto di quanto venga utilizzata.
La signora che parlava con tanto entusiasmo era una donna di
mezza età, forse un’impiegata della biblioteca comunale o comunque di un
qualche ufficio del Comune dedicato alla cultura. Immancabile l’occhiale
quadrato sulla punta del naso. Un po’ cicciottella.
“Dovrebbe muoversi di più” mi è venuto in mente.
Se dovessi convincerla a farlo, per esempio invitandola a fare
un po’ di corsa ogni tanto come faccio io da sempre, come potrei dirglielo?
“Signora! Vuole venire a correre insieme a me? Le dirò in
cosa consiste.
Quando inizierà a correre incomincerà a sentire fatica. Talvolta accade,
soprattutto in salita, che potrebbe andare in debito di ossigeno, avere il
fiato grosso e subire una sorta di sensazione di soffocamento. Non soffocherà,
sia chiaro! Le basterà fermarsi e riprendere fiato. A volte si sente un dolore acuto
sui muscoli delle gambe. Una sorta di bruciore che diventa sempre più intenso.
E poi si suda. La maglia si appiccica alla pelle e le dà una sensazione di
bagnato addosso con qualche brivido di freddo. In quel caso non bisogna mai
fermarsi, ci si potrebbe ammalare!”
Non so cosa ne pensiate ma io dubito che con questo tipo di
invito riuscirei a convincerla. Credo piuttosto che, se non ha mai corso fino
ad ora, le ho dato un bel po’ di motivi per continuare a non farlo.
Proviamo un secondo tipo.
“Signora! Vuole venire a correre insieme a me? Le dirò in
cosa consiste.
Non appena lei uscirà di casa con la sua comoda tuta e le scarpe da ginnastica
proverà la bellissima sensazione di trovarsi all’aria aperta e di avere spazi
enormi intorno. Il corpo, che è stato fermo tutto il giorno, si riattiva. Il
sangue incomincia a circolare e lei sentirà da subito una chiara sensazione di
vitalità. Si purificherà perché sudando eliminerà tossine. Inoltre, dopo un po’
di volte, non sentirà più la fatica nel salire le scale o nel doversi muovere a
piedi. Il suo corpo le darà sempre una sensazione di vigore e di buona salute. Avvertirà
di rado la stanchezza e dimagrirà. Questo le genererà un costante benessere.”
Continuo a dubitare di riuscire a convincerla, ma di certo
questo secondo tipo di messaggio è molto più efficace del primo. Fermo restando
che sia il primo che il secondo dicono cose vere e non mentono su niente
riguardo alla corsa.
Il punto è che l’“invito alla lettura”, che viene
soprattutto rivolto ai ragazzi, è esattamente un invito del primo tipo. Ovvero
non ti racconta i vantaggi di un’azione, ma la sua parte più impegnativa e
pesante.
I libri sono fatti di decine di pagine. Le pagine di
centinaia di righe. Le righe di migliaia di parole. Il loro aspetto non è
affatto attraente come si vuol far credere. Al primo impatto appaiono monotoni.
L’atto del leggere inoltre presuppone di rimanere immobili, assorti e
concentrati. Inutile negarlo. Leggere è fatica.
Non è il leggere che dà un vantaggio. Ma tutti i concetti
che dalla lettura vengono acquisiti, le emozioni che si ricevono, gli
insegnamenti che si traggono.
L’ “invito alla lettura”, da un punto di vista comunicativo,
è convincente quanto un dentista che, nel volersi fare pubblicità, non parla
dei benefici di togliere una carie, ma del dolore del trapano durante la cura.
L’ “invito alla lettura”, di per sé, non significa niente.
Dire ai ragazzi, o a chiunque altro, “Leggete! Leggete!”, (o peggio ancora “Dovete
leggere!”) cosa che sento fare da sempre, è semplicemente un messaggio idiota.
“Leggete” sì, ma cosa? Così detto sembra che il solo atto
del leggere sia qualcosa di benefico. La selezione dei contenuti, che è un
processo complesso che richiede una ricerca lunga e ragionata, sembra una cosa
secondaria. È come dire: “mettetevi in cammino, non importa dove andate.”
La lettura sembra essere proposta come fine ultimo. L’accrescimento
culturale, di cui la lettura è solo un mezzo (e non è nemmeno l’unico andrebbe
aggiunto), un effetto secondario di scarsa importanza che non merita menzione.
La verità è che l’ “invito alla lettura” non è affatto un
messaggio genuino. Ha origine da quel mondo strisciante e distorto della
dottrina dell’ordine civile e morale che vuol far credere che è buono tutto ciò
che fa male. Come lavorare, reprimere gli istinti sessuali, mangiare scondito, umiliarsi
ogni tanto.
Il messaggio che andrebbe formulato è ben altro. E purtroppo
non si liquida con una frase secca.
Bisognerebbe spiegare ai ragazzi, ma non solo a quelli visto
che le categorie bisognose sono di ogni età, che i problemi che sicuramente la
vita gli pone, che riguardano i rapporti personali e affettivi, la gestione dei
propri sentimenti, il rapporto con se stessi, il giusto senso da dare alle cose
e molto altro ancora, non compaiono nelle loro esistenze per la prima volta
nella storia. E che quei problemi sono stati affrontati e sviscerati da menti
elette che ci sono state in ogni periodo. La risposta a quei problemi pertanto è
già patrimonio di conoscenza dell’umanità. Il modo più efficace di affrontarli
è accedere a quella conoscenza.
Il libro e la lettura sono solo un mezzo attraverso cui …
purtroppo … bisogna passare.
Andrebbe aggiunto che la lettura e la conseguente crescita
culturale hanno come scopo la vita. Se la crescita culturale, o peggio ancora
la lettura, diventano l’unico mondo in cui ti ritrovi a vivere, è bene che
incominci a pensare che ci sia qualcosa che non va.
Perché, se proprio dobbiamo farlo un invito, deve essere un
invito a vivere. Casomai si dica che si deve leggere per vivere, e non che si deve
vivere per leggere.
Chi crede di fare una cosa buona lanciando un messaggio di
“invito alla lettura” ha una visione molto superficiale delle cose e non ha ancora
capito niente del mondo.
Dovrebbe leggere di più.
Alberto Melari
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